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AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VITERBO

 

EMERGENZE ARCHEOLOGICHE E STORICO ARTISTICHE


 
Comune: Arlena di Castro
Località: Casale della Polledrara
soggetto: Frammenti fittili
Coordinate:

 

43.3. Epigrafi funerarie (Tavv. LXV, LXVI, LXVII, LXVIII, LXIX, LXX)

Sono state recentemente recuperare sei stele funerarie iscritte nei pressi del Casale della Polledrara a cura del Comune di Arlena di Castro. Del recupero e dell’attuale luogo di conservazione dei reperti è stata informata la Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale.

  1. Stele di peperino a forma di edicola con iscrizione funeraria sufficientemente leggibile, impaginata frontalmente nel campo epigrafico arcuato e incassato, chiuso da una cornice; sul lato sinistro, fuori del campo epigrafico, compare una decorazione composta di dodici linee orizzontali, di cui la prima e l’ultima convesse, raccordate da una incisione verticale che conferisce all’insieme l’aspetto di doppio pettine. Nello spazio anepigrafe in basso a sinistra si trova un foro per l’alloggiamento del paletto stabilizzatore. La stele, completa, misura cm. 81x53x31 e il campo epigrafico, in sottosquadro di cm. 4, cm. 50x39. Il reperto, inedito, è attualmente conservato presso i magazzini del Comune di Arlena di Castro. Il testo è disposto su otto righe, l’ultima fuori campo, e inciso a grandi lettere alte da cm. 7 a cm. 2,5, rubrica-te e malamente ordinate nel verso:

Sabicia (!) / Felicita (!) / merenti / bene reti (?) -an(nis) / - Q(ssa) k(ene) q(uiescant) XXVI
  1. Stele di peperino con iscrizione funeraria sufficientemente leggibile, impaginata frontalemente nel campo epigrafico incassato chiuso da una cornice sbreccata in più punti. Nel campo epigrafico, in basso a destra, compare una roncola rozzamente incisa. Sui lati corti si notano i solchi di alloggiamento delle grappe atte a mantenere in posizione verticale la stele. Essa, completa, misura cm. 142x62x27 e il campo epigrafico, in sottosquadro di circa cm. 4, cm. 5 1x60. Il reperto inedito, è attualmente conservato presso i magazzini del Comune di Arlena di Castro. Il testo è disposto su sette righe e inciso con grandi lettere rubricate alte da cm. 11 a 3,5, malamente ordinate nel verso:

Veturiu/s (!) Leoni pos/ uerum (!) fil li titulu (!) b(ene) nu/ c(?) qui visit (!) p(lus)/m(inus) a(nnis) / LXXXXI.
  1. Stele di peperino a forma di edicola con iscrizione mutila di alcune lettere nelle prime due righe, sufficientemente leggibile nelle altre; impaginata frontalmente nel campo epigrafico arcuato e incassato, chiuso da una cornice sbreccata in più punti e mutila dello spigolo in basso a sinistra. La stele, completa, misura cm. 80 x 60 x 27; il campo epigrafico, in sottosquadro di cm. 2,5, cm. 56x46. Il reperto, inedito, èattualmente conservato nei magazzini del Comune di Arlena di Castro. Il testo èdisposto su sette righe e inciso con grandi lettere rubricate alte da cm. 6,5 a cm. 4, nel verso malamente ordinate. Fuori del campo epigrafico, sugli spigoli alti della cornice, compaiono le lettere D e M:

D(is) M(anibus)/ p"tl[iusj (!) I Iustus (!)pljojve/ rum(!) fili titui lu(!) bene nuc (?) I merenti q(ui)I v(ixit) a(nnis) p(lus) m(inus)/ a(nnis) LXXXX.
  1. Stele di peperino a forma di edicola con iscrizione ben leggibile, lacunosa di almeno due lettere nella terza riga; impaginata frontalente nel campo epigrafico quadrangolare incassato e chiuso da cornice modanata, sormontato da una lunetta in cui compaiono, sotto una roncola a rilievo, le lettere D e M. La stele, completa, misura cm. 180x82x20 e il campo epigrafico, completo, in sottosquadro di cm. 4,5, cm. 63x45. Il reperto, inedito, è attualmente conservato nei magazzini del comune di Arlena di Castro. Il testo è disposto su dieci righe di cui la prima e l’ultima fuori del campo epigrafico ed è inciso con lettere rubricate e apicate alte da cm. 7,5 a cm. 3,5 nel verso malamente ordinate:

D(is) M(anibus)/ Mu~idio Cle/ menti ex ere(!) c/ on[lajto co/ legius(!) Tere/ nei lianus (!)I posuerunt/ q(ui) v(ixit) X m(ensibus) I an(nis) LX b(ene) m(erentz) I ~ (sumptu communi?) I LX
  1. Stele di peperino con iscrizione sufficientemente leggibile, impaginata frontalmente nel campo epigrafico quadrangolare incassato e chiuso da cornice sulla cui parte alta, fuori del campo, compaiono le lettere D e M. In corrispondenza degli spigoli superiori si notano quattro solcature da interpretare come alloggiamenti delle grappe metalliche di fissaggio o come tracce della originaria applicazione di una sovrastruttura, non conservatasi perché di materiale deperibile, che richiamasse la forma di edicola (acroteri). La stele, completa, misura cm. i 18x55x27 e il campo epigrafico, in sottosquadro di cm. 2,5, cm. 55x38. Il testo è disposto su Otto righe di cui la prima fuori del campo ed è inciso frontalmente con lettere rubricate alte da cm. 8 a cm. 4, nel verso malamente ordinate:

D(is) M(anibus)/ Rufia (!) Virico/ nda (I) po/ suit co(nzux) tit/ ulu (!) b(ene) m(erenti) nue (?) q(uae) v(ixit)/ a(nnis) p(lus) m(inus) XXX
  1. Stele in peperino, mutua di una parte in alto, con iscrizione funeraria sufficientemente leggibile impaginata frontalmente nel campo epigrafico incassato e chiuso da cornice. La stele, incompleta, misura cm. 75x46x23 e il campo epigrafico, incompleto, in sottosquadro di cm. 1,5, cm. 45 x 34. Il reperto, inedito, è attualmente conservato nei magazzini del Comune di Arlena di Castro. Il testo è disposto su otto righe di cui la prima completamente obliterata dalla lacuna (salvo il tratto inferiore della prima lettera comunque irriconoscibile) ed è inciso profondamente con lettere rubricate e apicate alte da cm. 4,5 a cm. 3,5, sufficientemente ordinate nel verso e, limitatamente alle abbreviature della formula finale, divise da punteggiatura triangolare:

[.. .1/ Mulitio I Legitimo I benemeren/ ti posueru/ n (!) q(ui) v(ixit) I a(nnis) LX m(ensibus) X/ d(iebus) XX.

 Queste sei stele costituiscono un insieme omogeneo per tipologia, cronologia e luogo di provenienza; pertanto possono essere commentate unitariamente a cominciare dalle caratteristiche estrinseche ed intrinseche, nella speranza di poterne ricavare elementi utili alla loro datazione.

Esse sono state realizzate impiegando lastre parallelepide di peperino con l’intenzione, di riprodurre grosso modo la forma dell’edicola centinata con acroteri stilizzati, particolarmente evidente nei nn. 1, 3, 4, 5.

Pur concepite tutte per essere poste in opera verticalmente, due di esse (nn. 2, 5) si trovavano con ogni probabilità addossate a strutture murarie (a giudicare dai solchi per grappe metalliche) mentre un’altra (n. 1) era confitta nel terreno e isolata sui quattro lati, come testimonia la presenza del foro di alloggiamento del paletto stabilizzatore.

In tre casi è presente una rudimentale decorazione accessoria: la stele n. i ha sul margine sinistro un doppio pettine inciso; la stele n. 2 ha una roncola incisa nel campo epigrafico e la n. 4, oltre ad una rozza cornice modanata che delimita il campo epigrafico, presenta al centro della lunetta ad esso soprastante una roncola resa a rilievo. Gli oggetti raffigurati sono attributi che caratterizzano ulteriormente i defunti.

La paleografia delle iscrizioni denuncia complessivamente un ambiente incolto che recepisce passivamente l’uso scrittorio corrente deteriorandone le caratteristiche formali: le lettere sono tutte realizzate con incisione abbastanza profonda del piano scrittorio e sempre rubricate, per quanto spesso le residue tracce di colore siano quasi invisibili; esse sono poco ordinate nella riga e variano notevolmente per inclinazione e altezza. La sezione del solco è per lo più arrotondata eccetto che nelle steli n. 4 e n. 6 dove si nota una maggiore cura nella resa della sezione triangolare del medesimo e nelle apicature delle lettere. La L con il tratto inferiore calante ècomune alle stele nn. 1, 2, 3, 5 mentre la A priva del tratto orizzontale è caratteristica dei nn. 3, 4, 5, 6. Altra anomalia grafica è la resa della F con tre tratti orizzontali come la E, presente nei nn. 1, 2, 3, 5. Inoltre, sulla stele n. 4, si trova la S molto inclinata con un tratto orizzontale a mezza altezza che la rende simile ad una

non vi è dubbio che si tratti di una S (data la improbabilità del nome Mufidius) o al massimo di un nesso SC. La ripetizione del medesimo segno in penultima riga esclude l’ipotesi di un errore e che con esso il lapicida abbia voluto (si tratti o meno di un nesso) rendere graficamente un particolare valore fonetico della sibilante è dimostrato dalla presenza, nel medesimo testo, di altre S tracciate normalmente.

Le caratteristiche intrinseche di questi testi aprono interessanti prospettive di studio ,qui accennate brevemente, che saranno sviluppate in altra sede.

Lo stile e il formulano rientrano complessivamente nella consuetudine sebbene siano ricorrenti in tutte le epigrafi irregolarità ortografiche e grammaticali. Resta oscuro il senso delle parole reti (n. 1) e nuc (nn. 2, 3, 5). La dedica agli Dei Mani compare su tre delle sei stele sempre in forma abbreviata e fuori dello specchio epigrafico: in due casi (nn. 4, 5) le lettere DM sono giustapposte in posizione centrale e nel terzo (n. 3) sono distanziate tra loro. (I tituli sono relativi a quattro maschi (nn. 2, 3, 4, 6) e due femmine (nn. 1, 5), tutti di condizione servile, a giudicare dall’assenza di titolature e dall’onomastica bimembre -nomen + cognomen- in cui il primo elemento ha sempre il suffisso di derivazione ed il secondo, con valore aggettivale, allude generalmente a qualità morali. Accanto all’assenza di nomi grecizzanti è notevole la presenza di nomi di ascendenza etrusca (nn. 1, 2, 3, 4, 5), indice di persistenza culturale e probabilmente di una continuità abitativa dell’area.

Un discorso particolare merita la stele n. 4, indubbiamente la più importante a giudicare dalle dimensioni, decorazione accessoria e caratteri interni del testo iscritto. Musidius o (Muscidius) Clemens è un personaggio notevole nell’ambito di questa comunità agricola, avendo meritato un monumento a spese del Colegius Tereneilianus. Per le questioni linguistico-topografiche insite nel nome Musidius, tra cui spicca la presenza in questa zona del toponimo "Musignano" (a cinque chilometri da Casale Polledrara), in questa sede basti citare W. SCHULZE, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlino 1904, pp. 196-197.

Per quanto riguarda invece il nome del collegio curatore del monumento funerario, esso corrisponde all’antica denominazione del fundus, scritta erroneamente nell’epigrafe con la E in luogo della T e quindi da emendare in Terentilianus.

Infatti un Casale Terentilianus, nell’ambito del territorio tuscanese, compare in un documento dell’anno 813 del Regestum Farfense (Cfr. J.R. SERRA - C.L. FABIANO, Economia e territorio. Il Patrimonium Beati Petri nella Tuscia, Napoli, 1987, p. 157); inoltre, nel Privilegio di Leone IV al Vescovo Virobono di Tuscania (a. 850 ca.) è menzionata una pieve di 5. Lorenzo Intrintilianum (in Trintiliano) riferibile alla stessa area (cfr. J.R. SERRA - C.L. FABIANO, op. cit., p. 88).

In base alle considerazioni sopra esposte, che attendono comunque uno studio più approfondito e ulteriori dati archeologici, come ad esempio i dati dello scavo della SNAM per la costruzione del metanodotto, è ipotizzabile una lunga durata di questo insediamento e il suo abbandono in un momento imprecisabile dell’Alto Medioevo, posteriore comunque alla metà del IX secolo.

Limitatamente però alla fase romana, a giudicare dai reperti di superficie, 1’ abitato di Polledrara ha avuto una vita di oltre tre secoli, come testimoniano la presenza di ceramica sigillata italica ed ilfoiis bronzeo di Massimiano Erculio, quindi almeno dalla fine del I secolo a.C. fino agli inizi del IV d.C.

Nel periodo intermedio di questa forbice cronologica si possono ragionevolmente collocare le sei stele (seconda metà del Il sec. d.C.) sia per i caratteri interni ed esterni suesposti, in particolare paleografici e del formulano, che per l’impoverimento qualitativo e l’involuzione della professionalità artigianale che si registrano generalmente alla fine del Il sec. d.C.

Le schede delle singole stele sono state organizzate prendendo spunto dai criteri enunciati da IVAN DI STEFANO MANZELLA in Mestiere di epigrafista, Roma 1987.

 


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