3.0 TIPOLOGIA DEGLI EVENTI E DELLE ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE

3.1 Tipologia dei Rischi

La Provincia di Viterbo è ricca di Boschi, possiede una fitta rete di fiumi spesso a carattere torrentizio che con particolari condizioni di piogge intense anche se brevi, acquistano caratteristiche di pericolosità. Inoltre la presenza dell’apparato Vulcanico Antico espone la tuscia alla possibilità di eventi sismici e la fragilità del territorio dal punto di vista idrogeologico presenta problemi di dissesto in atto e potenziali. Conclude la lista dei rischi naturali ambientali il problema dell’alto rischio di incendi boschivi nei periodi secchi.

3.2 Eventi

Ai fini dell’attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:

1) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

2) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;

3) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

3.3 Attivita’ di Protezione Civile

Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, al soccorso delle popolazioni sinistrate ed ogni altra attività necessaria ed indifferibile diretta a superare l’emergenza connessa agli eventi di cui sopra.

3.4 RISCHIO DI INCENDIO BOSCHIVO 3.4.1 Il Sistema Forestale

Il patrimonio del sistema forestale regionale, secondo l’Assessorato all’Ambiente, Direzione Regionale Ambiente e Protezione Civile della Regione Lazio, copre 1.720.274 ha di superficie di territoriale laziale di cui 1.131.916 ha, pari all'66%, ospita attività legate al settore primario: i boschi costituiscono l’uso del suolo più diffuso nella Regione dopo i seminativi. (dati ISTAT 2000).  La superficie ricoperta da bosco nella Regione, aumenta includendo anche i popolamenti di produzione speciale, le formazioni particolari, i piccoli boschi e la macchia mediterranea. La crescita che si sta realizzando è ottenuta sia attraverso il processo naturale di ampliamento del bosco negli ex coltivi ed ex pascoli, e soprattutto delle aree più difficili e marginali da diversi anni non più coltivate, sia per l’azione antropica finalizzata alla formazione di ecosistemi arborei di origine artificiale sulla scorta dei contributi dell’UE.

3.4.2 Distribuzione territoriale delle foreste nella provincia di Viterbo

La superficie forestale provinciale si distribuisce a macchia di leopardo, con bacini boscosi di particolare interesse quali quelli delle zone vulcaniche in particolare nelle colline dei Monti Cimini e nel complesso del Monte Rufeno. Infine emergono i boschi anche lungo la fascia costiera.

3.4.3 Distribuzione altimetrica

Il patrimonio forestale si sviluppa soprattutto nelle aree interne e marginali, in collina e montagna, interessando soprattutto le parti cacuminali e le dorsali dei rilievi maggiori. Generalmente il limite inferiore è definito dall’attività antropica che nel tempo ha relegato i boschi nelle zone più difficili ed accidentate, tradizionalmente meno vocate all’attività agricola e/o insediamenti urbanistici, mentre in quota il limite è dovuto alle condizioni fisiche e climatiche.

3.4.4.Composizione floristica e strutturale

La struttura orografica e morfologica della Provincia ha consentito l’affermarsi sul territorio di una ampia gamma di ecosistemi forestali, da quelli tipici delle aree litoranee (pinete litoranee e macchia mediterranea) a quelli delle aree montane (faggete), passando per tutte le tipologie intermedie (querceti e castagneti). Altresì particolari condizioni geomorfologiche e climatiche hanno consentito a tipici formazioni di montagna affermarsi a basse quota, come il caso delle faggete dei Cimini, nonché realizzarsi l’inversione vegetazionale nelle forre.

3.4.5 Quadro generale della proprietà

Il patrimonio boschivo regionale è in misura prevalente di proprietà pubblica, 60%, di cui l’80% è detenuto dai comuni. Su scala provinciale le percentuali si allineano con quelle regionali, raggiungendo i valori massimi di proprietà pubblica nelle province di Frosinone e Latina con oltre il 70%. Solo la provincia di Viterbo fa registrare una prevalenza della proprietà privata. Le fustaie e la macchia mediterranea sono le tipologie boscate prevalentemente in mano pubblica, mentre i cedui sono equamente ripartiti tra pubblico e privato.

Assetto della proprietà

I dati degli ultimi censimenti dell’agricoltura evidenziano preoccupanti trend di disaffezione verso i boschi, in controtendenza rispetto all’ampiamento della superficie boschiva in atto.

Dagli anni ’70 ad oggi sono calate sia il numero delle aziende forestali ed agroforestali, sia la superficie boscata inclusa al loro interno.

Con il quadro emergente dall’ultimo Censimento Generale dell’Agricoltura (Regione Lazio, 2002), data la superficie forestale regionale stimata sui dati TBRA (2000), si evince che per una cospicua percentuale della superficie boschiva non è stato possibile riconoscere un conduttore de facto, ovvero per 300.000 ha ca. di boschi non è stato individuato un soggetto che presidia con continuità il territorio eseguendo le più semplici operazioni di controllo e monitoraggio dei processi evolutivi/involutivi in atto.

3.4.6 Gestione sostenibile delle foreste

Il criterio di riferimento della gestione sostenibile discende dal Rapporto Brundtland che lo ha definito come quello che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere alcuna possibilità per le generazioni future (WCDE, 1987). L’Unione Europea nel 1993 ha formalizzato il concetto della gestione sostenibile forestale che è quello che assicura “la gestione e l’uso delle foreste e dei territori forestali nelle forme e ad un tasso di utilizzo che consentono di mantenere la loro biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione ed una potenzialità che assicuri, ora e nel futuro, rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello nazionale e globale e non comportano danni ad altri ecosistemi” (UE, 1993).

3.4.7.  Funzioni ecosostenibili

La multifunzionalità degli ecosistemi forestali costituisce da sempre una realtà di riferimento nella gestione del patrimonio provinciale. Tra le più rilevanti si ricordano le funzioni di assorbimento e conservazione del carbonio e quella igienico-sanitaria. Non trascurabile è anche la funzione occupazionale produttiva socioeconomica e paesistica;

Da sviluppare sono gli usi protettivi della risorsa per i quali la Provincia di Viterbo è particolarmente attiva; nonché di rilievo sono le funzioni ricreative e storico-culturali che richiedono un attenta vigilanza ai fine del presente piano. Attenzione va posta in quelle attività che usano risorse direttamente o indirettamente prodotti del bosco e/o coinvolgono le aree boschive per valorizzare altre attività principali attività, si pensi agli agriturismo, ai ristoranti, ecc.

3.4.8. Processi di degrado di origine antropica

L’elevato valore del patrimonio forestale rende ancor più penalizzanti i vari processi di degrado ed avversità che periodicamente si sviluppano a danno degli ecosistemi. Tra i principali processi si annoverano gli incendi: la piaga di gran lunga più rilevante per entità di superficie interessata e danni, diretti ed indiretti. I dati statistici evidenziano un tendenziale aumento del numero ed una riduzione delle superfici percorse dagli incendi per singolo evento.

L’abbandono colturale dei boschi per una rilevante percentuale della superficie forestale non è stato individuato come conduttore de facto. I soprassuoli di queste aree si evolvono in modo incontrollato, partendo da una condizione di forte antropizzazione e pertanto, accentuando sovente la loro fragilità e suscettività ai rischi di altre forme di degrado, in particolare incendi e parassiti; gli abusi: preoccupano in questo caso il crescente uso irregolare delle aree boscate, attraverso iniziative individuali sovente in infrazione rispetto alle indicazioni riportate nei siti, nonché l’uso del bosco e della viabilità forestale per l’esercizio di attività fuoristrada, nonché il loro uso come discarica abusiva.

3.4.9. Avversità abiotiche

Fenomeni di dissesto ed erosione del suolo: Sono fenomeni prevalentemente a carattere superficiale, che localmente assumono caratteri preoccupanti, a seguito dei fenomeni più intensi e violenti. Il processo più comune è l’erosione superficiale dei suoli con trasporto a valle degli strati più superficiali a carico soprattutto delle aree in pendenza e con scarsa copertura vegetazionale. Avversità climatiche: questa tipologia di avversità rientra tra quelle di rilevanza mondiale per le quali si stanno mettendo in atto strategie globali di intervento. I suoi effetti si ripercuotono sui nostri ecosistemi attraverso una crescita degli eventi estremi, che ingenerano stati di stress negli ecosistemi, a cui segue una maggiore suscettività all’azione dei parassiti.

Avversità biotiche

Al momento attuale, gli agenti patogeni che destano particolare apprensione sono:

a) patogeni sottoposti a lotta obbligatoria con disposizione di rilevanza nazionale

ü       Ceratocystis fimbriata f.sp. platani (Ell. Et Halst Walter), agente del cancro colorato del platano (D.M. del 03/09/1987, n° 412);

ü       Thaumetopoea pityocampa (Dennis et Schiffermuller), processionaria del pino (D.M. del 20/05/1926 e D.M. del 12/2/1938);

ü       Erwinia amylovora (Burr.) Wins., agente del fuoco selvaggio a carico di rosacee cespugliose o del sottobosco, quali Crataegus, Sorbus, ecc. (D.M. del 27/03/96);

ü       Matsucoccus feytadi (Duccasse), cocciniglia della corteccia del pino marittimo (D.M. del 22/11/1996)

b) patogeni non sottoposti a lotta obbligatoria ma di rilevante preoccupazione per gli ecosistemi forestali laziali

ü       Phytophthora spp., agente del mal dell'inchiostro;

ü       Seiridium cardinale (Wag.) Sutton et Gibson, agente del cancro del cipresso.

ü       Sphaeropsis sapinea Fr. Dyko et Sutton, agente di seccumi su Pinus spp.

ü       Tomicus destruens (Wollaston) e Tomicus piniperda L., i blastofagi del pino.

3.4.10 La profilassi preventiva

La profilassi preventiva: è il miglioramento dello stato vegetativo delle piante, da conseguirsi attraverso opportuni interventi selvicolturali ordinari.

3.4.11 Il Patrimonio Boschivo Provinciale

Il patrimonio boschivo provinciale, in base ai dati dell’Assessorato all’Ambiente della Provincia, distinte per comune e ricavate dalla foto interpretazione delle foto aeree del volo Italia 2000 risultano dalla tabella che segue.


Comune

Superficie boscata (ha)

Comune

Superficie boscata (ha)

ACQUAPENDENTE

6.353

ISCHIA DI CASTRO

4.524

ARLENA DI CASTRO

272

LATERA

658

BAGNOREGIO

1.995

LUBRIANO

253

BARBARANO ROMANO

1.311

MARTA

89

BASSANO IN TEVERINA

383

MONTALTO DI CASTRO

914

BASSANO ROMANO

902

MONTEFIASCONE

1.290

BLERA

3.495

MONTE ROMANO

2.746

BOLSENA

898

MONTEROSI

100

BOMARZO

1.230

NEPI

1.416

CALCATA

221

ONANO

599

CANEPINA

1.420

ORIOLO ROMANO

619

CANINO

2.558

ORTE

1.762

CAPODIMONTE

420

PIANSANO

303

CAPRANICA

853

PROCENO

559

CAPRAROLA

1.806

RONCIGLIONE

1.064

CARBOGNANO

252

SAN LORENZO NUOVO

470

CASTEL SANT'ELIA

853

SORIANO NEL CIMINO

2.555

CASTIGLIONE IN TEVERINA

473

SUTRI

1.395

CELLENO

472

TARQUINIA

3.647

CELLERE

640

TESSENNANO

306

CIVITA CASTELLANA

1.187

TUSCANIA

2.320

CIVITELLA D'AGLIANO

830

VALENTANO

709

CORCHIANO

363

VALLERANO

543

FABRICA DI ROMA

553

VASANELLO

857

FALERIA

776

VEJANO

1.978

FARNESE

2.128

VETRALLA

3.251

GALLESE

710

VIGNANELLO

70

GRADOLI

601

VILLA SAN GIOVANNI

128

GRAFFIGNANO

595

VITERBO

7.302

GROTTE DI CASTRO

672

VITORCHIANO

944

SUPERFICIE BOSCATA PROVINCIALE

78.593

Fonte: 2a Relazione sullo Stato dell'Ambiente - Dicembre 2003 - Assessorato Ambiente - PROVINCIA DI VITERBO

Inoltre, in base ai dati ISTAT del 5° Censimento Generale dell’Agicoltura 2000, le Colture Boschive della provincia di Viterbo investono un'area di 56.155 ha, su una superficie territoriale di circa 361.000 ha. Confrontando i dati con quelli del 4° censimento (1990) si può osservare come nel periodo considerato si è avuta una contrazione della superfici boschive del 2% circa che denota una sostanziale tenuta di questa classe d’uso del territorio se confrontata con la contrazione regionale che si aggira intorno al 16% circa. Tra le destinazioni d'uso del territorio i boschi sono secondi solamente alla superficie utilizzata a seminativi (circa 147.000 ha).


Superficie in ettari per le seguenti classi d'uso del suolo sul totale della Provincia di Viterbo: 361.212 ha

Seminativi

Coltivazioni legnose agrarie

Prati permanenti e pascoli

Colture Boschive

Altra superficie

Totale

147.412

42.014

21.013

56.155

14.476

281.070

Fonte ISTAT, 2002

Il patrimonio forestale provinciale costituisce il 21% del totale regionale. La sua distribuzione vede un nucleo esteso e compatto sui Monti Cimini a ridosso del capoluogo di provincia, a cui si affiancano altri patrimoni, di cui i maggiori sono la Selva del Lamone, i Monti Vulsini ed il Monte Rufeno. Il 94% dei boschi della Provincia di Viterbo sono ubicati in collina ed appena il 6% in pianura. Il suo patrimonio è di proprietà privata per oltre 38.100 ha, a cui segue quello dei comuni intorno a 14.000 ha, mentre altri Enti e le proprietà Statali e Regionali possiedono frazioni minori, rispettivamente circa 6.400 ha e 4.300 ha. La distribuzione in termini percentuali attribuisce ai comuni il 23%, mentre i privati possiedono circa il 60% del patrimonio forestale, rovesciando le indicazioni emergenti in ambito regionale. Il sistema forestale della provincia di Viterbo, in valore percentuale, si discosta notevolmente rispetto al quadro medio regionale. La collocazione altimetrica è quasi esclusivamente in collina.

Superficie forestale per zona altimetrica e categoria di proprietà.

 

Montagna

collina

pianura

totale

Stato e regioni

Comuni

Altri enti

Privati

Viterbo ha

%

 

60.003

93,96 %

3.858

6,04%

63.861

100%

4.313

6,75%

14.686

23,00%

6.738

10,55%

38.124

59,70%

Regione ha

%

171.704

44.96%

178.084

46,63%

32.104

8,41%

381.892

100%

13.895

3,64%

177.628

46,51%

38.781

10,15%

151.588

39,69%

Viterbo/Regione

(%)

 

33, 69%

12,02%

16,72%

31,05%

8,27%

17,37%

25,15%

Fonte ISTAT, 1995

Le fustaie investono 8.334 ha del patrimonio provinciale, di cui 1.681 ha sono di conifere (20%), appena 54 ha miste di conifere e latifoglie, mentre queste ultime ammontano ad 6.599 ha (80%). Nella loro composizione floristica prevale il castagno, circa il 40% ( 3.305 ha), per la maggior parte da frutto (99%), mentre il cerro interessa circa 12% del totale. I boschi di conifere che coprono 1.681 ha, per oltre 84% sono pini tra i quali si rammenta la presenza di pino laricio, ed in misura inferiore douglasia e strobo, utilizzati nell'esecuzione dei rimboschimenti eseguiti negli anni compresi tra il '70 e l'80. I boschi cedui ammontano ad 48.986 ha, prevalentemente semplici e matricinati, mentre quelli composti ammontano a 6.321 ha.  Infine la macchia mediterranea investe appena 220 ha.

Superfici forestali a fustaie per specie investita (dati in ettari)

Pure

Miste

Totale

Abete bianco

Abete rosso

Pini

Altre resinose

Sughera

Rovere

Cerro

Altre querce

Castagno

Faggio

Pioppi

Altre latif.

15

12

1.409

177

158

2

1.015

102

3.305

623

2

38

68

1.681

Fonte ISTAT, 1995

Altre superfici forestali (dati in ettari)

Cedui semplici

Cedui composti

Macchia mediterranea

48.986

6.321

220

Fonte. ISTAT, 1995

IL PATRIMONIO FORESTALE ALL'INTERNO DELLE AZIENDE

Un quadro diverso emerge dal Censimento Generale dell'Agricoltura del 1990 dove è stato fatto riferimento solamente alla Superficie Agricola Utilizzata (SAU) in azienda ed investita a boschi. Alla provincia di Viterbo viene attribuita una SAU forestale di 59.538 ha, distribuita tra 60 comuni ed una superficie media per comune di ha 992, ripartita tra 10.704 aziende e una superficie media aziendale di ha 5,56.

Acquapendente è il comune con il più ampio territorio forestale, 5.651 ha e 339 aziende, segue Viterbo con 5.291, quindi Ischia di Castro con una superficie di circa 3250 ha. Gran parte dei comuni hanno patrimoni inferiori a 1.000 ha, il più piccolo dei quali è quello di Calcata con 78 ha e 72 aziende. Le fustaie costituiscono il 16% circa del patrimonio censito, interessano tutti i comuni della provincia, distribuite tra 3.217 aziende per una superficie media di ha 3. Esse sono prevalentemente localizzate nella zona dei Monti Cimini, soprattutto a Vetralla e Viterbo, con un patrimonio per entrambe di oltre 1.800 ha a cui segue Caprarola con 1.089 ha. Lo scarto di circa 4000 ha rispetto alla superticie forestale è considerato dal Ministero dell'Ambiente la fazione di superficie boscata abbandonata, in quanto non inclusa in alcuna struttura aziendale. Sotto l'aspetto strutturale occorre sottolineare le notevoli diversità presenti tra Vetralla e Viterbo. Nel primo caso sono presenti 18 aziende per una superficie media di oltre 200 ha, mentre a Viterbo vi sono 430 unità produttive con una dotazione media inferiore a 70 ha. Se il patrimonio di Viterbo è piuttosto variegato, componendosi per il 13% di fustaie di conifere, 33% di latifoglie, 22% di castagneti da frutto e 32% di fustaie miste, Caprarola lo distribuisce soprattutto tra latifoglie diverse, 64%, e castagneti, 35%, mentre Vetralla possiede fustaie di latifoglie diverse per il 99% del proprio patrimonio. Per ciò che attiene i cedui, essi investono tutti i comuni della provincia, per un numero totale di aziende di 7.025 che si ripartiscono ha 47.095 , per una superficie media aziendale di ha 6,70. Acquapendente detiene circa 4.702 ha, il più grande patrimonio comunale pari al 10% dell'intero patrimonio provinciale. Segue Viterbo con un patrimonio di 3.445 ha, di cui 2.803 semplici e 642 ha composti. Gli altri comuni presentano frazioni minori.

IL PATRIMONIO FORESTALE NELLE COMUNITÀ MONTANE VITERBESI

Nella provincia viterbese vi insistono 2 Comunità Montane, quella dell'Alta Tuscia Laziale ubicata nella zona nord della provincia con sede ad Acquapendente avente una superficie di 34.000 ha circa (tav. 5), e quella dei Cimini a ridosso del capoluogo di provincia, con sede a Ronciglione con una superficie inferiore di circa 18.500 ha.

Superficie territoriale, montana e forestale delle C.M. viterbesi

Comunità Montana

Sup.

territoriale

Sup.

Montana

Sup.

forestale

Sup. terr/

sup. mont.

Sup. for./

sup terr.

Alta Tuscia

33.952

33.952

8144

100%

24%

Cimini

77.378

18348

17.360

23.7%

22.4%

Fonte: ISTAT, 1991


3.4.12 Le strutture forestali

(Liberamente tratto dalla 2a Relazione sullo Stato dell'Ambiente - Dicembre 2003 - Assessorato Ambiente - PROVINCIA DI VITERBO)

Le fustaie litoranee

Le pinete in prossimità della costa sono più diffuse e costituiscono delle piccole formazioni continue. Il Pino domestico è la specie più ricorrente a cui segue il marittimo ed il pino d'Aleppo. Anche in questo caso si tratta di strutture ad elevato valore paesaggistico, ma scarso contributo economico, sia diretto che indotto.

Le sugherete sono delle formazioni relitte nella zona nord-ovest della provincia, interessando i comuni di Tarquinia, Tuscania e Montalto di Castro, aventi rilevante valore ambientale ma scarso peso economico. Investono una superficie di 158 ha.

La Quercia da sughero (Quercus suber L.) è una specie forestale molto importate per l’elevato valore ecologico e la biodiversità degli ecosistemi forestali mediterranei che negli ultimi decenni ha subito notevoli contrazioni della superficie interessata. Recentemente la riscoperta delle peculiarità di questa quercia (rusticità, resistenza agli incendi, valore della produzione del sughero) ha focalizzato l’attenzione dei ricercatori per verificare le potenzialità di espansione della specie.

Un recente lavoro (Di Cosmo 2000) ha definito la distribuzione e le condizioni di vegetazione della quercia da sughero nel viterbese, ed ha individuato i fattori ecologici limitanti per la specie nell'alto Lazio.

La quercia da sughero ha un'areale mediterraneo occidentale essendo la specie presente in Spagna, Portogallo, Francia, Algeria, Tunisia, Marocco e Italia. L'Italia, con 90.000 ha, è all'ultimo posto per superficie colturale a sughera.

Il Catasto Terreni della provincia di Viterbo attribuisce alla qualità di coltura "Sughereta" circa 80 ha, distribuiti tra i Comuni di Montalto di Castro ( 35 ha in una classe colturale unica) e Tuscania ( 45 ha in due classi di coltura). L'ISTAT indica in 158 ha la consistenza provinciale della specie considerando anche le aree più genericamente interessate da non trascurabile presenza di sughera.

I cedui e le fustaie di quercia.

Il cerro è una delle specie più diffuse nel viterbese, costituendo boschi puri o misti con roverella, acero montano, faggio oppure castagno. Al fianco delle strutture governate a ceduo matricinato, o composto, di cui l'ISTAT non indica l'estensione, vi sono le fustaie che investono una superficie di 1.015 ha.

La loro gestione ha subito negli anni cambiamenti nella forma e nell’entità entità. Fino a poco tempo addietro erano sottoposti a tagli periodici sulla base di un turno, soprattutto tecnico per la produzione di traverse ferroviarie Oggi, invece, si applica un modello colturale più estensivo che ha spesso determinato l'invecchiamento dei soprassuoli. Di recente, inoltre, sono stati oggetto di un processo di deperimento generalizzato, si parlava di moria delle querce, il cui responsabile principale sarebbe I'Hypoxilon mediterraneo. Attualmente sono  oggetto di particolare attenzione per individuare la migliore evoluzione del soprassuolo (alto fusto o ceduo matricinato); in alcuni casi la struttura dei soprassuoli sta lentamente evolvendosi verso la fustaia, sovente in modo spontaneo ed incontrollato. Al momento attuale la produzione conseguita è generalmente destinata a legname da ardere.

I cedui e le fustaie di castagno.

Il castagno è la specie governata ad alto fusto più diffusa nella provincia viterbese interessando, secondo l'ISTAT, una superficie di 3.305 ha; il 99% delle fustaie sono da frutto. Per i cedui di castagno, l'ISTAT, invece, non fornisce dati specifici malgrado essi rappresentino una realtà ambientale ed economica di estremo interesse. Limitatamente all'area della Comunità Montana dei Cimini, è stata rilevata la presenza di ceduo puro su una superficie di circa 3.800 ha al fianco di 1.250 ha misto a cerro. Se per le fustaie si ha certezza sulla prevalenza della proprietà ai privati, non altrettanto può affermarsi sui cedui. Quest'ultima tipologia di soprassuolo, è gestita soprattutto a ceduo matricinato, con un limite notevole nella brevità dei turni adottati che favoriscono la produzione di legname dallo scarso valore aggiunto (legna da ardere). Rispetto al restante territorio regionale, deve segnalarsi la maggiore cura a cui sono sottoposti in zona, con l'esecuzione degli interventi intercalari, sfollo e diradi, normalmente considerati non remunerativi altrove.

Queste strutture si caratterizzano per una capacità produttiva espressa in termini di incremento medio del soprassuolo di 21 m3/ha/anno con turni di 16 anni.  Le fustaie, invece, rappresentano una notevole ricchezza della provincia viterbese specie per la produzione del frutto (marroni e fiorentine), che di recente ha potuto contare su un accresciuto interesse sia da parte degli operatori economici sia del mondo scientifico e politico.

Nel bacino dei Cimini possono distinguersi due diverse zone in funzione del prodotto conseguito. Una più ampia a ridosso del capoluogo di provincia in cui è coltivato il classico marrone (S. Martino), nell'altra posta più ad oriente è, invece, coltivata la castagna fiorentina (Canepina).

La capacità produttiva di castagne si aggira intorno ai 1.000-2.000 kg/ha, di cui il 30% di I scelta (marroni o fiorentine). In generale si tratta di strutture arboree di età mediamente avanzata con portamenti spesso irregolari. Le piante, per la totalità innestate, presentano una ipertrofia in prossimità del punto di innesto, normalmente ad altezza di petto d 'uomo. La gestione di queste strutture trova il suo limite nella riduzione delle maestranze specializzate per la cura delle piante, pertanto, si vedono frequentemente alberi bisognosi di potature o in altri casi soggetti che hanno subito radicali interventi di recupero delle chiome per favorire una migliore produzione quali-quantitativa. Diversi proprietari segnalano anche la difficoltà di rinfoltire e ringiovanire i castagneti, specie quelli della vr. marroni, non essendo reperibile piantine della cultivar locale.

Tra le problematiche di ordine fitosanitario di interesse si ricordano il cancro corticale (Endothia parasitica), il mal dell'inchiostro (Phytophthora cambivora e cinannovi) e gli attacchi del balanino (Curculio elephas (Gyll)) e della cydia (Cydia sspp.).

Il primo, il cancro corticale, è stato ormai reso innocuo, mentre l'incidenza del balanino e della cidia è legata sia all'andamento meteorologico delle stagioni sia allo smaltimento delle castagne di risulta delle lavorazioni dell'anno precedente. In ultimo rimane il mal d'inchiostro che al momento appare il problema più grave per il futuro della castanicoltura locale. Gli agenti infettivi sono in questo caso la Phytophthora cambirova e la P. cinnamoni. Su quest'ultima "specie" di recente comparsa, non si hanno ancora certezze sulla biologia e tassonomia. Tra le ipotesi avanzate, alcuni ricercatori indicano che essa potrebbe essere una razza selezionatasi nel tempo dalla tradizionale cambivora

Le notizie finora acquisite per la P. cinnamoni sono particolarmente allarmanti. Esse indicano una maggiore resistenza e duttilità alle diverse condizioni, oltre che una minore specificità, che la rendono complessivamente minacciosa sia per il castagno sia per altre latifoglie, ontani e noci in particolare. In questo quadro, purtroppo, mancano ancora notizie certe sulle modalità di diffusione. Alcuni attribuiscono la sua mobilità ai mezzi di locomozione che trasportano le spore fungine, successivamente essa si diffonde nell'area utilizzando lo scorrimento superficiale delle acque piovane, da monte verso valle.

In generale comunque, è stato rilevato, che il problema delle Phytophthora ss.pp. così come quello di gran parte degli agenti patogeni oggi in fase espansiva, possa ricondursi all'evoluzione climatica attualmente in atto che sta conducendo ad un innalzamento della temperatura specie dei valori minimi. Conseguentemente non si hanno più quegli inverni freddi e rigidi del passato, estremamente efficaci per il controllo naturale delle popolazioni di patogeni.

Le fustaie di faggio.

Le faggete presenti in zona rappresentano degli ecosistemi di notevole interesse. Essi sono delle formazioni depresse la cui esistenza si deve al microclima originatosi per la presenza dei laghi di Vico e Bolsena. Assolvono una elevata funzione naturalistica e sono sottoposte a speciali regimi di protezione, che in taluni contesti paiono mettere in dubbio la perpetuità stessa della struttura nel lungo periodo.

Queste strutture non rivestono particolare interesse in termini di produzione legnosa. Nella faggeta di Soriano al Cimino, ad esempio, la produzione legnosa disponibile è quella delle piante, o parti di esse, abbattute da eventi meteorici resa disponibile alla popolazione locale in virtù dell'uso civico esistente

Le pinete di Pino nero, laricio e douglasia.

Sono soprassuoli di origine artificiale, impiantati circa 25-30 anni addietro per opera del Corpo Forestale dello Stato. Le motivazioni che indussero alla scelta di queste specie oggi non si riesce ad individuarle con certezza. Una delle ipotesi più accreditate è quella della loro formazione per l'approvvigionamento di una cartiera mai costruita Oggi queste strutture assolvono una funzione ecologica notevole considerando la rusticità, in particolare della specie dominante, il pino laricio, che prepara il terreno ad ospitare specie tipiche della flora locale come cerro e castagno.

Dopo l'impianto spesso questi soprassuoli sono stati abbandonati a se stessi, fino ai tempi recenti. Le aree rimboschite presentano ancora la densità di impianto. Numerose sono le piante biforcute, aduggiate e talvolta addirittura soffocate da quelle contermini. Annualmente si contano gli schianti da vento e neve. Tutte le piante hanno ancora i palchi dei rami secchi dalla base fino in cima, essendo quest'ultima ridotta ad un piccolo ciuffo.

Di recente la C. M. dei Cimini si è attivata per eseguire delle cure colturali sia pure solamente in alcune particelle, tuttavia sarebbe auspicabile una generalizzazione degli interventi.

Da alcuni anni queste aree sono state attrezzate per uso ricreativo, realizzando punti di sosta, percorsi attrezzati ed altro. Considerato l'uso a cui sono destinate esse sono poco curate sotto l'aspetto della messa in sicurezza dell'area.

3.4.13 Le infrastrutture forestali

I vivai.

Dal 4° Censimento Generale dell'Agricoltura emerge che nella provincia di Viterbo insistono 36 aziende vivaistiche distribuite in 22 comuni per una superficie totale di 36 ha.

Un quadro di maggiore dettaglio è fornito dall'ISTAT (1993) che attribuisce alla provincia di Viterbo una superficie di vivai forestali di 6 ha, la più estesa nel territorio regionale. Questa superficie è suddivisa tra due vivai forestali ubicati nei comuni di Tuscania e Vetralla. In quest'ultimo comune, inoltre, è ubicato l'unico bosco da seme iscritto nel Libro Nazionale per la produzione di seme di cerro in conformità alla L. 269/73.

Entrambi i vivai forestali non sono attualmente funzionanti.

La gestione dei vivai è tuttora in mano al Corpo Forestale dello Stato, tuttavia, a seguito della L.R. 4/97 essa dovrebbe passare alla Provincia (vivaio di Tuscania) ed alla Comunità Montana dei Cimini (vivaio di Vetralla). Non essendo stato perfezionato l'iter amministrativo essi permangono in dotazione al CFS, ma purtroppo senza opportuno supporto finanziario per garantirne la gestione.

Al fianco di questi vivai pubblici vi sono numerosi altri privati. Essi sono normalmente di piccole dimensioni ed a conduzione familiare. La produzione forestale è marginale sul totale, di scarsa qualità, non certificata e di incerta provenienza. Commesse diverse da quelle di singole piante, tipiche per arredi da esterni, sono sovente espletate ricorrendo all'acquisto di piantine presso i vivai della Toscana per poi essere rivendute all'utente.

Di recente i castanicoltori locali hanno lamentano difficoltà nel reperire piantine per ringiovanire o rinfoltire le fustaie di castagno da frutto. Talune esperienze vissute con forniture dai vivai locali hanno dato scarsi risultati date le fallanze registrate. Inoltre essendo in atto una recrudescenza del mal d'inchiostro e viste le lacune che caratterizzano attualmente il settore, la produzione vivaistica è indiziata come una delle possibili responsabili della diffusione della malattia per la diffusione di materiale di provenienza e qualità incerta.

La richiesta diretta a vivai extra-provinciali, specie toscani, garantisce sotto l'aspetto sanitario della pianta ma non soddisfa in termini di varietà

3.4.14 La viabilità forestale

Complessivamente tutto il patrimonio forestale provinciale si trova circoscritto ed attraversato da una viabilità primaria adeguata, costituita da arterie stradali statali e provinciali.

Situazione diversa è quella relativa alla viabilità secondaria o interna ai complessi forestali. Malgrado una densità viaria camionabile di circa 20m/ha, il livello qualitativo e la sua distribuzione all'interno dei complessi è alquanto irrazionale. Generalmente si tratta di vecchie piste di esbosco con una carente sistemazione idraulica ed inadeguato assetto del fondo stradale ad uso dei mezzi.

La loro destrutturazione tende ad aggravarsi per la concomitante carenza di manutenzione ed azione di eventi meteorici avversi (piogge, gelo, etc). L'assenza di opere di sistemazione e regimazione delle acque ai bordi delle strade, oppure l'accumulo di detriti (frascame, foglie, etc.), insieme alla crescente consuetudine di abbandonare nel bosco i rifiuti solidi di piccole attività, riducono notevolmente la loro efficienza favorendo, altresì, il loro contributo al deflusso superficiale delle acque con conseguenti fenomeni erosivi. Nel periodo autunno-invernale queste arterie divengono vie preferenziali di scorrimento delle acque superficiali, rendendo le medesime di difficile percorribilità ed accrescendo il potenziale energetico delle acque incontrollate.

Rispetto al passato in cui vi era libero accesso a questa viabilità, oggi le amministrazioni locali sono più attente avendo fornito queste strade di opportune chiudende alle estremità. Pertanto la possibilità di transito sulla viabilità forestale è generalmente regolamentata.

3.4.15. Lo stato dei boschi

Lo stato generale dei boschi è la diretta conseguenza dei moduli colturali applicati.

Tranne qualche eccezione, la carenza maggiore è rappresenta dalle scarse cure intercalari, attuate spesso in ritardo rispetto all'epoca consigliata dalle norme selvicolturali ed in risposta a situazioni contingenti e di conclamata emergenza. Mancando una programmazione di lungo periodo, gli interventi sono momenti isolati disgiunti da una gestione pianificata della risorsa. Solo in pochi casi,  per la maggior parte in boschi privati, si hanno esempi di oculata gestione. Altrove, invece, deve segnalarsi una crescente tendenza verso il disinteresse colturale fino al momento del taglio finale.

Questo è la naturale conseguenza di una struttura fondiaria frammentata, priva di prospettive di sviluppo, gestita da operatori part-time, non organizzati in forma associativa e privi di strutture di assistenza: Anche il pascolo dei boschi, quando effettuato, avviene senza l’adozione di criteri tecnici occulati quali:

-          l’introduzione del bestiame quando la rinnovazione ha raggiunto un’altezza minima da garantirla di danni del morso;

-          l’introduzione di un carico di bestiame adeguato della stazione.

Negli ultimi anni, l'Unione Europea ha adottato diversi regolamenti finalizzati allo sviluppo del mondo rurale e miglioramento del contesto ambientale. Anche il settore forestale è stato coinvolto nelle iniziative con due diverse modalità di azione:

a)       esecuzione di piantagioni,

b)       manutenzione e miglioramento dei soprassuoli.

La formazione di nuovi soprassuoli è finalizzata soprattutto alla produzione di massa legnosa da industria.

Già in fase di avvio sono state lamentate diverse carenze: gli interventi talvolta sono stati eseguiti con tecniche non conformi al contesto, con materiale vivaistico di dubbia qualità, provenienza e conformazione, adottando tecniche colturali tipiche della frutticoltura.

Un’analisi più dettagliata spetta alle iniziative indirizzate ai privati ed adottate al margine delle azioni di politica agricola comunitaria. Nei regolamenti sono imposti di requisiti che limitano la possibilità di godere dei contributi da parte dei proprietari in relazione al loro livello reddituale. Spesso ci troviamo dinanzi ad aziende di piccole dimensioni, con una forte frammentazione fondiaria, in cui il proprietario gestisce il proprio fondo in modo part-time e raramente il rapporto tra reddito agricolo-forestale e quello totale percepito dal proprietario, raggiunge i livelli richiesti per poter accedere agli incentivi previsti dalle direttive. Le misure, pertanto, perdono di efficacia dinanzi ad un contesto indubbiamente meritevole di risorse. Le patologie infatti, indipendentemente dalla loro natura, si diffondono efficacemente tra gli ecosistemi indipendentemente del livello reddituale del proprietario e dei confini aziendali, bensi per la contiguità delle strutture forestali. L 'approccio del reddito, comune discriminante per accedere a contributi pubblici, se efficace per l'attività agricola non altrettanto lo è per il contesto forestale.

Per ciò che attiene la componente fitosanitaria, i boschi di conifere, specie quelli provenienti da rimboschimento, non essendo stati oggetto di cure intercalari, versano in uno stato di stress continuo, che li rende suscettibili all'azione di “parassiti di debolezza”, anche se gli esperti non sarebbero sorpresi di vedere emergere repentinamente maggiori problemi di carattere sanitario.

Di certo però, al momento attuale si assiste ad un brusco innalzamento del rischio di incendio di questi boschi. Il crescente afflusso di utenti per trascorrere intere giornate nelle aree attrezzate delle pinete, potrebbe divenire causa di incendi, soprattutto, per azioni negligenti di qualche utente (Le Delibere della Giunta Regionale in materia di prevenzione agli incendi forestali indica oltre ai giorni di grave pericolosità del periodo estivo, compresi tra il 1 luglio ed il 31 settembre, anche tutti i fine settimana e le altre festività in cui aumentano le occasioni durante le quali gli utenti utilizzano in bosco per attività ricreative). In tal caso la carenza di cure colturali, diradi e spalcature che hanno favorito la costituzione di un soprassuolo estremamente fitto ed una continuità verticale di vegetazione morta ad alto tasso di combustione, trasformano un incendio basso in un incendio di chioma con effetti disastrosi per l'intera l'area boscata.

In talune particelle si stanno eseguendo i tagli di dirado, ma sorgono alcune perplessità sulla capacità di tenuta del soprassuolo rimanente alle sollecitazioni soprattuto vento e neve per via del portamento molto filato e la perdita della protezione laterale delle piante in piedi sopraggiunta per effetto del taglio.

Circa i tradizionali problemi fitopatologici, per i cipressi si registrano crescenti casi di malattie dovute dal cancro (Seiridium cardinale), mentre l'olmo è divenuto sempre più raro per via dell'azione della grafiosi (Graphium ulmi)

Nei boschi di latifoglie la situazione è più variegata. I querceti, dopo alcuni anni di preoccupazione, sembrano aver reagito ai problemi legati al loro deperimento generalizzato, tra cui si era particolarmente distinto il cancro carbonioso delle querce (Hypoxylon mediterraneum o Biscogniauxia mediterranea). Nei cedui di castagno, invece, ancora si segnalano casi di cancro corticale (Endotia parassitica) i cui effetti ormai non sono una minaccia per gli ecosistemi ma per la produzione legnosa dei singoli polloni. Il problema attuale più grave per i castagneti locali è il Mal d'inchiostro, dove al fianco della tradizionale Phytophthora cambivora sembrerebbe affiancarsi la cinnamoni, più aggressiva e polifaga rispetto alla precedente. I castanicoltori locali sono molto preoccupati dell'estendersi di questa patologia alla quaale non riescono a contrapporre efficaci sistemi di lotta.

Una menzione particolare spetta al problema degli incendi. Non si dispone di dati e serie storiche su base provinciale, tuttavia esso pur essendo meno sentito che nelle province del sud laziale, assume anche in zona un carattere molto significativo. Non sono stati segnalati al momento casi in cui l'incendio è stato usato come forma di protesta contro disagi sociali, pertanto esso è legato al fenomeno del recupero per il pascolo delle terre forestali, ma soprattutto alla negligenza degli utenti delle aree boscate o nelle loro adiacenze.

3.4.16. Reato d’incendio

Una vasta casistica evidenzia come possiamo ritrovare tra coloro che incendiano sia operatori forestali, sia pastori, come pure arzilli vecchietti e non in ultimo speculatori o forze criminose.  Alla luce di tali considerazioni e non solo, la legge si è adeguata ed ha trasformato il reato di incendio, in precedenza soggetto ad ammenda , in reato punito con la  reclusione da  1 a 10 anni, nel caso in cui l'incendio riguardi edifici o aree protette la pena è aumentata. (Legge n. 300 del 21-11-2000). La stessa legge poi stabilisce che le aree percorse dal fuoco debbano avere la stessa destinazione d'uso per un periodo di 15 anni a partire dall'incendio. Stabilisce inoltre che è vietata la costruzione di edifici civili o produttivi  per un periodo di 10 anni come pure l'esercizio del pascolo e della caccia.

3.4.17. Prevenzione e gestione

Riguardo al problema, bisogna fare delle considerazioni: La prima riguarda la proprietà, vi sono più incendi sui terreni pubblici che su quelli privati; la seconda riguarda l'uso del suolo, vi sono più incendi anche in considerazione del fatto che si attribuisce uno scarso valore economico ai boschi e si abbandonano i terreni di montagna o alta collina poiché hanno una bassa redditività per chi vuole coltivarli; la terza è rispetto all'andamento, vi è una ciclicità  degli stessi, i picchi sono a scadenza decennale, l'ultimo riguarderà sicuramente il 2003. Infine  vi è certamente un interesse specifico a provocare gli incendi. In riferimento alla prima considerazione sarebbe opportuno che tutti gli enti pubblici dessero più importanza ai propri beni ed agissero per una loro valorizzazione anche in un ottica più generale. Sarebbe interessante poter attivare progetti per il miglioramento del bosco e dei prati permanenti. Il guadagno per gli enti pubblici sarebbe enorme, meno spese per lo spegnimento, migliore qualità dell'aria, minor numero di frane, migliore approvvigionamento idrico, creazione di luoghi di relax più confortevoli. La scarsa redditività dei terreni porta ha portato ad un loro progressivo abbandono, spesso gli incendi partono da tali terreni. Ebbene favorire il loro riutilizzo anche solo ai fini della prevenzione degli incendi sarebbe una valida azione di prevenzione.

I Comuni dovrebbero porre più attenzione alla mappatura delle aree bruciate; dovrebbero controllare l'attività venatoria e vigilare sulla realizzazione delle opere che si realizzano sulle aree percorse dal fuoco e se è il caso chiedere il ripristino del territorio cosi come previsto. Una sinergia con coloro che redigono atti di compra vendita è essenziale al fine del rispetto della legge poiché sugli atti deve essere riportata l'eventuale l'avvenuto incendio sul quel determinato terreno.

Allorché i tempi complessivi (segnalazione + mobilitazione) superano il valore di 40’ si ritiene che il servizio vada profondamente migliorato, poiché l’obiettivo del contenimento delle superfici percorse  si persegue anzitutto con la tempestività di intervento.

La durata dell’incendio invece ha soltanto un valore indicativo poiché è il risultato di più fattori concomitanti delle condizioni operative e della difficoltà di intervento

In ogni caso è importante analizzare questa informazione perché può avere ripercussioni in termini di risorse umane: con tempi superiori alle 6 ore e 40 minuti , infatti, è da ritenersi che debba esserci avvicendamento delle squadre che operano sui focolai.

La riduzione del tempo di mobilitazione assume carattere di scelta prioritaria diffusa.

Utilizzando la formula della riduzione del rischio dovuto all’incendio boschivo, si dovrà agire sulla Probabilità, pattugliando il territorio, e sul Danno agendo sulla preparazione e sui mezzi messi in campo.

DIMINUZIONE DEL RISCHIO INCENDIO BOSCHIVO

Per definire il valore del rischio si usa la formula R=PxD dove:

R è il Rischio,

P è la probabilità e

D è il danno atteso.

Pertanto per agire sui parametri di cui sopra e ridurre il rischio da incendio, si dovrà agire sulla probabilità, pattugliando il territorio, e sulla riduzione del danno, agendo sulla preparazione e sui mezzi messi in campo.

3.4.18. Elenco delle risorse da utilizzare in caso d’incendio

l’elenco delle risorse da utilizzare in caso d’incendio include la:

ü      la lista della dotazione mezzi

ü      l’anagrafe delle Associazioni di volontariato

ü      la lista dei mezzi antincendio disponibili

ü      la localizzazione dei Punti per autobotti

3.4.19. Procedure da utilizzare in caso d’incendio

Le procedure da utilizzare in caso d’incendio includono:

ü      la lista dei Nomi dei responsabili

ü      con i relativi N° di telefono per ogni Comune.


3.5 RISCHIO IDROGEOLOGICO

Si divide in rischio da possibili esondazioni e da frane.

3.5.1 Alluvioni ed inondazioni

Fiumi (Tevere, Paglia, Fiora, Marta)

Fiume Tevere:

lo stato di guardia (l° stadio) ha inizio, quando il livello del fiume raggiunge, all’idrometro di Orte, la quota di metri 4,50 .

In tale eventualità ed in tutte le ipotesi in cui sia stata notata una tendenza al rialzo del livello d’acqua, gli enti preposti  provvederanno a darne immediata notizia ai Vigili del Fuoco, Prefettura e Comando Carabinieri, ed a segnalare il raggiungimento dei livelli ad Orte:

- 5.00 mt livello di allarme (2° stadio)

- 7.00 mt livello di pericolo (3° stadio)

Quote d’Allerta

In particolare il livello del tratto di fiume Tevere ricadente in Provincia di Viterbo, in caso di inondazione, può raggiungere diverse quote, rilevabili all’idrometro di Orte, con le seguenti conseguenze:

-quota 6,50 m.: esondazioni in località Baucche-Basse (a valle di Orte Scalo), allagamenti campagne circostanti;

-quota 7,00 m.: le esondazioni lambiscono il rilevato Bomarzo- Attigliano: allagamenti nelle stalle;

-quota 7,50 m.: allagamento delle zone Mugnano; allagamento stalle in località Orte Scalo e campagne a valle dì Gallese e ai lati di Via Flaminia nei pressi di Ponte Felice;

-quota 8,00 m.: campi allagati in località Franguelli; in Orte allagamento case Riccardi e proprietà limitrofe;

-quota 8,80 m.: allagamenti vasti terreni, case in località Franguelli e strade interrotte.

E’ anche interessato un tratto di circa m. 6,00 della strada provinciale che dal Ponte Felice conduce in località Foglia (Provincia di Rieti).

Gli abitanti di fabbricati rurali soggetti ad allagamenti vengono tempestivamente invitati dai Carabinieri dietro segnalazione del Sindaco a sgombrare gli immobili da persone ed animali.

Ad ogni piena il Prefetto provvede inoltre ad avvisare le Amministrazioni Provinciali interessate (Viterbo e Terni) per la eventuale chiusura al transito della strada provinciale Bomarzo-Attigliano quando il Tevere ad Orte raggiunge i 5 metri.

Il tronco della strada Flaminia da Ponte Felice al bivio per Magliano Sabina ricade parte in provincia dì Rieti e parte in provincia di Viterbo ed è interessato dalle inondazioni quando l’idrometro di Orte segna quota 8,00 metri.

tavola: adozione PAI con modifiche e integrazioni (Del. 114 del 5 Aprile 2006)

Fiume Paglia (affluente del Tevere)

Lo stato di allarme ha inizio quando il livello del fiume raggiunge, al ponte dell’Adunata, mt. 4.50. In tale eventualità si attivano le procedure di comunicazione previste per il Fiume Tevere. Il Comune di Acquapendente ed il Comando Stazione Carabinieri potranno essere attivati per il controllo a vista delle condizioni del livello idrico, in corrispondenza del ponte Gregoriano. Qualora il livello idrometrico al ponte dell’Adunata raggiungesse la quota di pericolo di mt. 6 si dovrà prevedere una ronda di controllo ogni ora a cura del personale del Comune.


Fiume Fiora:

il fiume Fiora, in caso di piena interessa la parte valliva della Centrale Idroelettrica di Vulci (Canino) al mare.

Le normali annuali inondazioni non interessano il ponte sulla S.S. Aurelia (braccio che conduce all’abitato di Montalto di Castro)

Piene di un certo rilievo (con tempo di ritorno quantificabile in più 20 anni) possono interessare l’abitato di Montalto di Castro Marina).

tavola: PAI (legge 183/89 - legge reg. 91/98 - legge 365/2000)

Fiume Marta:

Le normali inondazioni annuali non interessano centri abitati né casolari o strade. Piene eccezionali invece potrebbero interessare:

-le strade consorziali n. 9 in località Le Piane e delle Dogana in Comune di Tarquinia;

-il ponte a servizio della S.S. Aurelia (Tarquinia) al km. 93.00.

Le fasi di piena debbono essere seguite rispettivamente dal Consorzio di Bonifica e dall’ANAS a mezzo del proprio personale, nonché dai Comuni.

tavola: revisione comitato del 13 dicembre 2005

Corsi d’acqua carattere torrentizio:

(a) Rio Paranza

(affluente del Tevere):

Trattasi di un fosso a carattere torrenziale e non vi sono riferimenti che possono tempestivamente indicare la pericolosità.

Le case che dovrebbero essere sgombrate nella eventualità che l’entità delle precipitazioni atmosferiche dovesse assumere proporzioni allarmanti sono:

-casa sita a monte del ponte sulla provinciale Orte-Vasanello;

-prime abitazioni site a valle del ponte;

-molino sito a valle del ponte.

Per quanto concerne invece la viabilità, la pericolosità, in caso di avversità atmosferiche, e limitata alla strada statale Orte-Orte Scalo in località S. Bernardino.

(b) Fossi a monte di Orte Scalo:

Come si è verificato nel settembre 1995 i suddetti fossi possono costituire, in caso ai precipitazioni eccezionali, pericoli per la pubblica incolumità essendo interessate le scuole elementari, la chiesa ed il tratto di Strada Orte- Gallese entro il centro abitato Orte Scalo.

 (c)Corsi d’acqua torrentizi affluenti del Tevere

(oltre il Paglia, Vezza e Treja)

Si tratta di corsi d’acqua con un notevole grado di pericolosità di esondazione, come si è potuto verificare in varie occasioni; tale situazione è dovuta soprattutto a carenze nella manutenzione ed al disordine idrogeologico della rete scolante. L’esondazione dei citati torrenti interesserebbe opere infrastrutturali di primaria importanza, quali l’autostrada A1, la superstrada Viterbo-Orte e la linea ferroviaria Roma-Firenze, nonché una fitta rete di strade provinciali, comunali ed interpoderali e la rete principale di adduzione del metanodotto della Snam per l’Italia settentrionale ai Comuni interessati.

Sulle citate arterie insistono poi opere d’arte di dimensioni non sempre adeguate.

I controlli sui corsi d’acqua dovranno essere svolti dai Comuni rivieraschi e, per il Paglia, dal relativo Consorzio di Bonifica.


(d)Torrenti Chiarore Tafone, Mignone e Arrone:

Per questi torrenti, che si gettano nel Mar Tirreno nei Comuni di Tarquinia e Montalto di Castro, possono svolgersi considerazioni analoghe a quelle del punto precedente. Essi scorrono in un comprensorio attraversato da importanti opere civili quali la SS1 Aurelia, la linea ferroviaria Roma-Pisa, la S.F. Litoranea e strade comunali, vicinali ed interpoderali.

Invasi artificiali:

Il Ministero dei Lavori Pubblici ha censito nella provincia di Viterbo n° 54 invasi artificiali. L’elenco degli invasi censiti, è stato trasmesso ai Sindaci della Provincia e per conoscenza alla Regione Lazio.

Per gli invasi di particolare rilevanza sono previsti specifici piani di emergenza.

3.5.2 Frane

Sono verificabili ovunque, data la natura argillosa del territorio della Provincia, ma soprattutto prevedibili nelle seguenti zone abitate già riconosciute da consolidare o trasferire a cura e spese dello Stato, in base alla legge 9.7.1908, n. 445.

Gli abitati da consolidare sono:

Acquapendente - Castiglione in Teverina - Lubriano - Fraz. Trevinano - Fraz. Sermugnano - Marta - Bagnoregio e Fraz. Civita - Celleno - Montefiascone - Bassano Romano - Cellere - Onano - Bassano in Teverina - Civitella d'Agliano - Orte - Bolsena - Farnese - Proceno - Bomarzo - Gallese - Ronciglione - Canepina - Gradoli - Sutri - Canino - Graffignano - Fr. Sipicciano - Valentano - Capranica - Grotte di Castro - Vetralla - Caprarola - Ischia di Castro - Vallerano Carbognano - Latera - Viterbo - Fraz. Roccalvecce - Bagnaia -

gli abitati a totale o parziale trasferimento sono:

Calcata - Faleria - Vejano - Corchiano - Celleno.

Possono verificarsi frane anche nei seguenti Comuni:

Barbarano Romano - Piansano Blera - Tessennano - Capodimonte - Vignanello - Castei S. Elia - Villa S. Giovanni in T. - Civita Castellana.

Tavole:   Tevere    Fiora    ABR

L'elenco aggiornato delle aree soggette a frane è consultabile nel portale della Protezione Civile previa registrazione.


3.6 RISCHIO SISMICO 3.6.1 la nuova classificazione sismica del territorio della Provincia di Viterbo

L'esigenza di incrementare la sicurezza antisismica su tutto il territorio nazionale è stata drammaticamente evidenziata dalla tragedia del crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia a causa del terremoto che ha interessato il Molise.

La normativa precedente (legge 64/74), stabiliva che per le nuove costruzioni nelle zone classificate sismiche dovevano essere obbligatoriamente adottati i criteri antisismici individuati. La tragedia accaduta, ha evidenziato che la classificazione del rischio sismico fino a quel momento vigente, era inadeguata alla reale sensibilità del territorio ai terremoti.

Con l'Ordinanza del P.C.M. n. 3274 del 20 marzo 2003 sono state fornite indicazioni per la nuova classificazione.

Nel D.G.R. 766/03 il territorio regionale viene caratterizzato dal punto di vista sismico e vengono individuate le fasce con caratteristiche sismiche omogenee; da questo lavoro si evince come la sismicità sia crescente spostandosi dalla costa verso l'Appennino; questo andamento trova conferma nella classificazione dei comuni in base agli effetti subiti.

L'intensità dei danni subiti dipendono da molti fattori tra i quali la forza del terremoto, il pattern di propagazione dell'energia sismica, l'assetto geologico e la vulnerabilità del patrimonio edilizio.

Numerosi studi promossi dal Dipartimento Nazionale della Protezione Civile hanno permesso di incrementare notevolmente le conoscenze sismologiche che hanno portato alla formulazione della proposta di riclassificazione sismica ripresa nella recente Ordinanza 3274/03. Tale proposta ha introdotto una classificazione a 4 zone sismiche, con pericolosità decrescente dalla zona 1 alla 4; quest’ultima riclassificazione rappresenta la zonizzazione sismica attualmente vigente alla quale si deve fare riferimento per l’applicazione dei criteri antisismici nella costruzione di nuovi edifici.

Nel contesto regionale la provincia di Viterbo risulta essere poco sismica (solo quella di Latina lo è di meno). Nella tabella è riportato l'elenco dei comuni viterbesi e il grado di sismicità previsto dalle classificazioni che si sono susseguite fino ad oggi.

La riclassificazione sismica non ha comportato l'inserimento di comuni nella zona 1 a rischio più elevato, confermando quanto indicato nella vecchia classificazione. Nella 2° zona sismica invece sono stati inseriti numerosi comuni cosicchè l'elenco ora comprende 10 comuni: Acquapendente, Bagnoregio, Capodimonte, Celleno, Cellere, Gradoli, Grotte di Castro, Latera, Onano, Proceno e San Lorenzo Nuovo. Nella 3° zona sismica sono stati inseriti tutti gli altri comuni ad eccezione di Montalto di Castro che è stato inserito nella 4° zona sismica.

La D.G.R. 766/03 oltre ad approvare la nuova classificazione sismica comunale, invidua l'elenco degli edifici e delle opere da sottoporre a verifiche da parte dei proprietari ai sensi dell'art. 2 dell'Ordinanza del P.C.M. n. 3274/03 che dovranno essere eseguite in via prioritaria nei comune delle zone sismiche 1 e 2.

La progettazione con criteri antisismici diventa obbligatoria nei comuni delle zone sismiche 1, 2 e 3; nella 4a zona la progettazione antisismica diviene obbligatoria solo per le opere e infrastrutture di cui è prevista la verifica.


3.6.2 Elenco preliminare degli edifici e delle opere da sottoporre a verifica

(Art. 2 comma 3 OPCM 3274/2003)

EDIFICI DI INTERESSE STRATEGICO E OPERE INFRASTRUTTURALI CON FINZIONI DI PROTEZIONE CIVILE IN CASO DI SISMA:

  1. Ospedali, case di cura, presidi sanitari ed Ambulatori, sedi di A.S.L.
  2. Sedi di Prefetture, Regione, Provincie, Municipi, Comunità Montane, Uffici Tecnici dello Stato.
  3.  Caserme delle Forze Armate, Carabinieri, Pubblica Sicurezza, Vigili del Fuoco, Guardia della Finanza e Corpo Forestale Centrali elettriche, centrali operative, impianti per le telecomunicazioni.

EDIFICI E OPERE INFRASTRUTTURALI RILEVANTI IN RELAZIONE ALLE CONSEGUENZE IN CASO DI COLLASSO STRUTTURALE

Asili nido, scuole di ogni ordine e grado, paleste università, conservatori, provveditorati. Sedi comunali decentrate, poste e telegrafi, musei, biblioteche, carceri e uffici giudiziari, chiese, teatri, cinema, auditorium, edifici per le mostre, stadi, e impianti sportivi, centri commerciali, mercati, banche, edifici con cubatura > a 5000 m3 per ogni scala. Fabbriche, edifici con lavorazione di sostanze pericolose o tossiche. Stazioni ferroviarie, stazioni autobus e tranviarie, metropolitane, porti e aeroporti.



COMUNE

categoria sismica ai sensi del DM1984

Zona Sismica ai sensi dell'Ordinanza P.C.M.3274/03

Zona Sismica ai sensi della riclassificazione regionale ai sensi della DGR 766/03

Acquapendente

2

2

2

Arlena

4

3

3

Bagnoregio

4

3

2

Barbarano R.

4

3

3

Bassano R.

4

3

3

Bassano in T.

4

3

3

Blera

4

3

3

Bolsena

4

3

3

Bomarzo

4

3

3

Calcata

4

3

3

Canepina

4

3

3

Canino

4

3

3

Capodimonte

4

3

2

Capranica

4

3

3

Caprarola

4

3

3

Carbognano

4

3

3

Castel Sant'Elia

4

3

3

Castiglione in T.

4

3

3

Celleno

4

3

2

Cellere

4

3

2

Civita Castellana

4

3

3

Civitella D'Agliano

4

3

3

Corchiano

4

3

3

Fabbrica di R.

4

3

3

Faleria

4

3

3

Farnese

4

3

3

Gallese

4

3

3

Gradoli

4

3

2

Graffignano

4

3

3

Grotte di C.

4

3

2

Ischia di C.

4

3

3

Latera

4

3

2

Lubriano

4

3

3

Marta

4

3

3

Montalto di C.

4

4

4

Montefiascone

4

3

3

Monte Romano

4

3

3

Monterosi

4

3

3

Nepi

4

3

3

Onano

2

2

2

Oriolo R.

4

3

3

Orte

4

3

3

Piansano

4

3

3

Proceno

2

2

2

Ronciglione

4

3

3

Villa S.Givanni in Tuscia

4

3

3

San Lorenzo Nuovo

2

2

2

Soriano

4

3

3

Sutri

4

3

3

Tarquinia

4

3

3

Tessennano

4

3

3

Tuscania

4

3

3

Valentano

4

3

3

Vallerano

4

3

3

Vasanello

4

3

3

Vejano

4

3

3

Vetralla

4

3

3

Vignanello

4

3

3

Viterbo

4

3

3

Vitorchiano

4

3

3

Si riporta qui di seguito la cartina dei comuni suscettibili di rischio sismico come classificato dalla Regione Lazio. Si ricorda che tale nuova classificazione modifica quanto finora in vigore e comporta una maggiore attenzione alle problematiche sismiche nella costruzione e nella manutenzione delle strutture.



3.7 RISCHIO NEVE E GELO

Il rischio legato alla neve ed al gelo é considerato come rischio ricorrente annualmente sulle SS.PP. della Provincia.

Il periodo di esposizione al rischio in questione va prevalentemente dal mese di dicembre a  marzo, data la posizione geografica nel territorio  provinciale.

Gli interventi da effettuare sulle strade provinciali riguardano un'attenta programmazione preventiva che si attua attraverso il controllo costante delle previsioni meteo e il deposito di sale per lo spargimento sulla sede viabile in caso di gelate.

3.7.1        Aree di Intervento

Per l'ottimizzazione del servizio il territorio provinciale è stato suddiviso in nove AREE DI INTERVENTO (sono comprese le strade ex ANAS).

Il Servizio, svolto da personale dipendente dell'Amministrazione Provinciale del Settore Strade, coadiuvato in fase di prevenzione dal Servizio Protezione Civile. I mezzi sono quelli a disposizione del  personale delle zone stradali, opportunamente dotati di idonea attrezzatura.

.

3.7.2        Attivita' e Personale

I tecnici responsabili delle aree di intervento sono chiamati ad organizzare le turnazioni del personale, la verifica dell'efficienza dei mezzi , le adeguate riserve di sale comunicandone al  Coordinatore del Servizio la necessità di rifornimenti.

Interverranno, su chiamata degli operatori del Servizio o dei Tecnici della reperibilità, laddove le condizioni richiedano tempestivi interventi in emergenza o decisioni a loro spettanti.

Il Coordinatore del Settore Strade comunicherà ai tecnici eventuali periodi di allerta, legata alle condizioni meteo avverse, sulla base delle comunicazioni pervenute dal Sala Operativa di Protezione Civile o da eventuali allertamenti pervenuti dalla Prefettura o dalla Regione.

3.7.3         Localizzazione del sale per servizio neve - gelo sulle SS.PP.

Ogni tecnico di zona dovrà impostare una quantità di sale nei magazzini dislocati nella stessa zona, necessaria a salvaguardare alcuni punti critici sulle SS.PP. di appartenenza.

3.7.4        ACQUAPENDENTE: PER LA ZONA ALTO VITERBESE

S.P. TORRE ALFINA  Km. 0+700 presso il Centro Macchine della Provincia - Deposito.

3.7.5        PRATOLEVA - CENTRO MACCHINE: SERVE LA ZONA TEVERINA E CIMINA

S.P. BAGNORESE loc. Pratoleva presso il Centro Macchine della Provincia - Deposito

3.7.6        CAPANNONE S.P. TUSCANESE

S.P. TUSCANESE Km. 4 circa - Capannone - Deposito

3.7.7        CANEPINA - MAGAZZINO COMUNALE 3.7.8        VASANELLO Via Grottone nel centro urbano 3.7.9        S.P. VERENTANA : ABITATO DI MARTA

Incrocio con l’abitato di Marta.

3.7.10    S.P. CIMINA - LOC. TRENTAMIGLIA 3.7.11    S.P. CIMINA km. 6,300

Bivio Canepinese (magazzino)

3.7.12    S.R. CASSIA

Magazzino Casa Cantoniera di Vetralla

3.7.13    SCHEMA OPERATIVO

E' a cura dei Tecnici di zona, secondo l'area assegnata:

1.      Deposito preventivo del sale;

2.      Segnalazione al Coordinatore di eventuali problemi ai mezzi meccanici;

3.      Preventiva segnalazione al Coordinatore di necessità per approvvigionamento di sale;

4.      Predisposizione turnazione del personale operativo;

5.      Comunicazioni giornaliere sulla situazione dell'area assegnata            (in emergenza);

6.      Comunicazione alla Sala Operativa di Prot. Civile del "Diario Eventi" (in emergenza);

7.      Contatti preventivi con Ditte esterne per la disponibilità di intervento in emergenza.


3.8  INTERVENTI CHE RIGUARDANO LA VIABILITÀ

Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:

A)        eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e Amministrazioni competenti in via ordinaria;

B)        eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o Amministrazioni competenti in via ordinaria;

C)        calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari. .

Al verificarsi di eventi di tipo A le emergenze che riguardano la viabilità vengono gestite ordinariamente dalle zone stradali.

Nel momento in cui l'emergenza comporta un coordinamento con altre amministrazioni, per cui l'emergenza è di tipo B, si attiverà presso la Sala Operativa di Protezione Civile la postazione Viabilità con personale dello stesso Settore, che risponderà alle esigenze relative l’emergenza.


3.8        LA RETE STRADALE: elemento di rischio e risorsa in caso di emergenza

Di seguito si riporta la consistenza della Viabilità Principale presente nel territorio viterbese

SP

Nome

Z

KM

 1

Cimina abitato di Monterosi

6

2,032

 1

Cimina

4

4,990

 1

Cimina

6

26,333

 2

Tuscanese

4

20,234

 3

Tarquiniense

3

23,266

 4

Dogana 2°tronco

3

4,995

 4

Dogana 1°tronco

3

18,851

 5

Teverina

8

40,251

 6

Bagnorese

8

12,762

 6

Bagnorese

1

3,301

 7

Commenda

4

11,984

 8

Verentana abitato di Valentano

2

0,877

 8

Verentana abitato di Marta

2

2,758

 8

Verentana

4

7,557

 8

Verentana abitato di Capodimonte

2

3,180

 8

Verentana

2

11,56

 9

tronco ex Sammartinese

4

0,589

 9

Sammartinese

4

4,804

 10

Carcarelle

4

6,405

 11

Vetrallese

4

18,534

 12

Martana

4

14,446

 13

Piansanese

4

11,296

 13

Piansanese

2

6,355

 14

Caninese

2

10,773

 14

Caninese

4

8,151

 15

Bullicame

4

1,104

 16

lago di Bolsena

4

6,840

 17

Ombrone

8

6,918

 18

Grottana

8

12,821

 19

valle del Tevere

7

6,032

 19

valle del Tevere

8

8,034

 20

Bomarzese

7

6,911

 21

stazione di Vitorchiano

7

2,797

 22

Vitorchianese

7

5,307

 23

Valle del Vezza

7

7,058

 24

Ferento

8

1,429

 25

variante di Canepina

6

6,844

 25

Canepinese

6

14,379

 26

Vignanellese

7

7,984

 27

Faleriense

6

9,467

 28

San Luca 1°tronco

7

8,903

 28

San Luca 1°tronco

7

1,182

 29

Cenciano

6

6,400

 30

Vasanellese

7

11,713

 31

Sorianese

7

7,480

 32

Colonnetta

7

6,157

 33

Sant' Eutizio

7

7,450

 34

Gallesana

7

13,244

 35

Ronciglionese

6

8,857

 35

Ronciglionese

5

4,487

 35

Ronciglionese

5

5,594

 36

Massarella

6

9,910

 37

Mazzanese (Roma)

0

14,034

 38

Settevene

6

8,348

 39

valle di Vico

5

15,704

 40

Bassanese

5

0,397

 40

Bassanese

5

12,26

 41

Blerana

5

7,671

 42

Barbaranese 1°e2°tronco

5

18,194

 43

Montarozzi

3

2,900

 44

Porto Clementino

3

3,354

 45

Litoranea

3

20,460

 46

Stazione di Montalto

3

1,717

 47

Lamone

2

19,300

 48

Gradoli Grotte di Castro

1

4,092

 49

Onanese

1

15,092

 50

Torre Alfina

1

9,672

 51

Trevinanese

1

12,644

 52

Procenese abitato di Proceno

1

1,053

 52

Procenese

1

8,891

 53

Bolsenese

1

5,994

 54

Capraccia

1

7,265

 55

Lubrianese

8

8,514

 56

Acquarossa

4

6,438

 57

diramazione Canepinese

7

4,660

 58

Stazione Bassano in Teverina

7

4,157

 59

deviazione Ortana

7

5,991

 60

sanguetta

7

5,382

 61

Molinella

7

4,990

 62

Faggeta

7

4,520

 63

Piangoli

7

6,595

 64

Boccafatta

7

0,896

 65

Valleranese

6

7,380

 66

Carbognanese

6

2,892

 67

San Rocco

6

4,906

 68

Capannelle

6

3,731

 69

Caprolatta 1°tronco

5

4,032

 69

Caprolatta 2°tronco

6

5,962

 70

stazione di Caprarola

6

0,363

 71

Corchianese

6

4,232

 72

stazione di Corchiano

7

0,254

 73

San Luca 2°tronco

7

7,269

 74

Quartaccio

6

10,114

 75

stazione Fabrica di Roma

6

0,292

 76

Braccio Treja

6

0,618

 77

Castel Sant' Elia

6

9,242

 78

falisca

6

8,896

 79

Calcatese

6

3,939

 80

Montefogliano e Anello

4

3,786

 80

Montefogliano e Anello

4

13,588

 81

croce di San Martino

5

1,958

 82

Ponterotto

5

5,779

 83

Beccacceto

5

4,496

 84

Sutrina

6

5,341

 85

lago di Vico

5

12,92

 86

Poggio Cavaliere

5

4,340

 87

accesso lago di Vico

5

3,698

 88

Cime di Montefogliano

5

6,900

 89

Pisciarella

5

3,290

 90

Rocca Romana

5

7,608

 91

Capranichese

5

4,802

 92

Stazione di Capranica

5

6,311

 93

Vejanese

5

6,910

 95

Mazzocchio

5

1,518

 96

Necropoli Etrusca

4

8,886

 97

valle del Mignone

3

18,471

 98

del Marta Montebello

3

6,245

 98

del Marta Montebello

3

8,254

 99

Lupo Cerrino

3

5,234

 00

diram Porto Clementino

3

0,594

 02

tronco ex Aurelia

3

4,313

 03

valle del Marta

3

9,378

 03

valle del Marta

3

9,501

 04

Roccaccia

3

11,208

 05

del Fiora

3

9,295

 06

Doganella

2

16,897

 06

Doganella

3

5,939

 07

dell' Abbadia

3

9,135

 08

Riminino

2

5,534

 09

Di Castro

2

16,641

 10

valle di Ripa Alta

2

5,263

111

dir valle di Ripa Alta

2

0,565

112

Gabella 1°e2°tronco

2

4,590

113

Arlenese

2

5,572

114

lago di Bolsena 2°tronco

2

10,569

115

Poggio Marano

2

7,118

116

Ponte S Pietro

2

7,605

117

valle dell' Olpeta

1

11,337

118

lago di Mezzano

2

11,777

119

Laterense

2

2,126

120

Grotte di Castro lago

1

0,696

121

Montone

1

4,716

122

Soranese

1

4,424

123

Torricella

1

5,557

124

Torretta

1

6,794

125

Monaldesca

1

3,000

126

valle del Paglia

1

8,200

127

Fastello

8

7,454

128

Cellenese

8

2,175

129

Pratoleva

8

5,039

130

Cunicchio

8

4,797

131

Vetriolese

8

9,564

132

Graffignanese

8

7,006

133

Sipiccianese

8

9,958

134

stazione di Sipicciano

8

0,889

135

Divino Amore

8

2,645

136

Castiglionese

8

0,596

137

valle di Bagnoregio

8

15,66

138

Casalaccio

3

2,500

139

del Siele

1

8,828

140

Pescia Romana

2

4,805

141

variante di Ronciglione

5

2,511

142

Variante di Castiglione in T.

0

1,336

144

Maremmana

1

19,337

145

di Gradoli

1

7,171

147

Claudia Braccianese

5

19,601

149

Nepesina

6

22,157

150

Magliano Sabina

7

17,555

151

Ortana

7

28,500

152

Umbro Casentinese

8

11,695

Strade non Provinciali

 

Aurelia

 

42,2

 

Cassia

 

106,9

 

Flaminia

 

20,4

 

Raccordo Autostradale Viterbo-Orte

   
 

relia Bis

 

29,7

A1

Autostrada del Sole

 

51,0

A12

Genova-Roma (tratto Roma-Civitavecchia)

 

0,9

SS 071

Umbro Casentinese Romagnola

 

12,7

SS 074

Maremmana

 

18,4

SS 312

Castrense

 

40,7

SS 657

Sabina

 

0,4

SS 675

Umbro-Laziale

 

39