In località La Piantata,
sul lato orientale della strada provinciale Arlena-Piansano, sul versante occidentale di
una piccola collina che digrada verso il Fosso della Vena, a circa m. 300 in direzione S
dal Km. 3 della strada provinciale, si apre un profondo scavo, opera di ignoti, in
corrispondenza dellingresso di una tomba a camera ipogea con decorazione dipinta e
iscrizione onomastica.
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Interno della tomba |
Il monumento, sicuramente sconosciuto, è
stato rinvenuto dietro segnalazione di gente del posto, in alcune ricognizioni effettuate
nel 1982 e prontamente segnalato alla competente Soprintendenzal. Questultima ha
provveduto in anni successivi allo scavo e alla recinzione della tomba.
Al momento del rinvenimento laccesso alla tomba era permesso dal foro verticale
praticato dai clandestini in prossimità della porta, profondo oltre m. 5,5. Il dromos era
completamente interrato ma dal declinare della collina e dalla profondità si evinceva una
sua notevole lunghezza, sicuramente oltre m. 10. Anche il vano della porta, largo m. 0,80,
era quasi completamente interrato e di conseguenza non misurabile in altezza;
lintradosso si presenta piuttosto consunto causa la friabilità della roccia e la
manomissione dei clandestini per introdursi nella tomba.
Allinterno emergevano tra linterro grossi pezzi lavorati di pietra locale,
pertinenti a casse e coperchi di sarcofagi; tra essi ben visibile un coperchio
displuviato. Nessun tipo di decorazione era visibile negli altri pezzi. La camera è a
pianta rettangolare, lunga m. 3,5 (sul columen) e larga m. 4,10 in corrispondenza
della parete di fondo. La parete destra nel punto in cui si incontra con la parete di
ingresso, presenta un approfondimento di m. 0,30, largo m. 0,70, realizzato per facilitare
lalloggiamento di un sarcofago. Il soffitto, realizzato con notevole finitezza, è
scolpito ad imitazione dellintelaiatura lignea di un tetto reale: il columen è
a sezione rettangolare, rilevato m. 0,6 largo m. 0,25 in media e poggia alle estremità su
due mensole rettangolari rilevate dalla parete; i cantherii sono leggermente meno
rilevati del columen, larghi mediamente m. 0,16.
Particolarmente rilevante è la decorazione pittorica bicroma che impreziosisce
linterno della camera, stesa direttamente sulle pareti senza alcuna preparazione
preliminare. Sulla parete di fondo, nonostante il deperimento dovuto al tempo e alle
offese degli scavatori clandestini, sono ancora visibili due scudi circolari. Quello di
destra è delimitato da due incisioni concentriche e quadripartito in settori dipinti
alternativamente in rosso e nero; quello di sinistra è circoscritto da una sola
incisione, quadripartito da due fasce rosse a croce di s. Andrea, marginate da linee
incise, i settori sono campiti di colore nero. Entrambi gli scudi misurano m. 0,30 di
diametro. Accanto allo scudo di sinistra compare liscrizione analizzata di seguito.
Anche il columen è dipinto in rosso, i cantherii, invece, sono dipinti
alternativamente in rosso e di nero con gli spazi intermedi risparmiati e attraversati da
righe nere, spesse m. 0,01, parallele al columen, distanti tra loro da m. 0,40 a m.
0,30, rappresentanti la scansione delle tegole. La decorazione pittorica è completata da
un fascione rosso, alto mediamente m. 0,30, che percorre tutte le pareti subito
sotto il soffitto, seguendo landamento degli spioventi e interrompendosi solo in
corrispondenza dellapprofondimento nella parete destra e a m. 0,60 da ogni lato
della porta.
Sullinterro si sono notati alcuni frammenti ceramici e ossei, tra cui:
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Frammenti del corredo della tomba |
- frammento di ceramica acroma a pasta rosata e fine;
- frammento di parete di anfora a pasta rosa con inclusi
sabbiosi;
- frammento di vaso di medie dimensioni eseguito al tornio (poculum)
pasta di colore bruno scuro sulla superficie esterna, bruno chiaro sulla superficie
interna, numerosi inclusi grossolani;
- frammento di coppa a vernice nera comprendente il fondo a
parte della vasca, piede ad anello, pasta rosa e fine, vernice lucida con rilfessi blù
che risparmia il piede (data per immersione). Si conserva parte della decorazione
realizzata a impressione sul fondo della vasca: stampiglie a palmetta entro fascia
circolare di trattini obliqui.
Liscrizione dipinta presso lo scudo
di sinistra si presenta di ardua lettura a causa della friabilità del supporto che ha
provocato la caduta di cospicui frammenti di pellicola pittorica. Dopo un paziente lavoro
di analisi e integrazione dei segni residui si è giunti alla seguente interpretazione: caea:
satnas. Si tratta di una semplice formula onomastica bimembre riferita ad un individuo
di sesso femminile, probabilmente il primo sepolto nella tomba, data la coerenza
delliscrizione con tutto lapparato decorativo dellipogeo.
Lepigrafe si sviluppa con ductus sinistrorso impiegando i segni alfabetici
caratteristici dellarea etrusca centrale in età ellenistica. Dal punto di vista
paleografico, tra i numerosi confronti che si possono stabilire, i più stretti ci
riconducono allambiente tarquiniese con CIE 5425 (su sarcofago) e particolarmente,
per lo stesso sistema di scrittura dipinta con CIE 5386 e CIE 5401 (Tomba degli Scudi).
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Iscrizione all'interno della tomba |
Coerente a questa tradizione scrittoria è
anche la separazione tra i due membri con due punti disposti verticalmente.
Dallanalisi morfologica della formula emerge la particolarità del gentilizio al
genitivo accanto al prenome del nominativo, secondo un uso non generalizzato ma già noto
in alcune iscrizioni arcaiche e più diffuso in età recente, significante derivazione o
appartenenza dellindividuo ad un gruppo gentilizio e che consente di estendere a
tutta lespressione la funzione soggettiva. Il prenome Caea ha probabilmente
origine dallitalico Caius, in etrusco Cae (maschile) che troviamo
principalmente diffuso in area chiusina, perugina e volsiniese; la sua attestazione più
meridionale sembra essere, a quanto è dato finora sapere, Norchia con CIE 5869. Il
femminile Caea si trova anche nella forma Gaia, variamente declinata, in
iscrizioni provenienti dalle stesse aree dove è attestata al maschile. I confronti più
diretti con questo prenome si possono stabilire con caea: capsnei (Bolsena, CIE
5163) e con caea: cetisnas (Orvieto, CIE 5134), parallelo morfologico
alliscrizione arlenese. Il gentilizio satna è diffuso nelle stesse aree del
prenome, con maggior numero di attestazioni e una serie di varianti fonetiche, grafiche e
morfologiche, segno di un largo e prolungato uso nel tempo del medesimo: satanas,
satena, satene, satne, sathna, satna, satnal, satnas,satnas, satnei, satnea. Ma tra
tutti lunico documento epigrafico direttamente confrontabile per la grafia e la
funzione del gentilizio è una iscrizione proveniente da Bagnoregio, incisa su un cippo a
pigna caratteristico dellarea orvietana: tasma: satnas. Sono da rilevare
infine un paio di casi in cui, come nella iscrizione di Arlena, il prenome cae e il
gentilizio satna sono. associati; entrambi gli esempi provengono dallagro
chiusino: laris: cae: larisal: sathnal: (Città della Pieve, CIE 4847) e petrui:
ls: caes: satnal (Città della Pieve, CIE 4848).Dallanalisi delle attestazioni
si deduce la provenienza settentrionale, probabilmente chiusina di entrambi i membri della
formula onomastica; ipotesi corroborata dalla considerazione che, almeno finora, le forme
più antiche del gentilizio sono testimoniate ad Orvieto (satanas, CIE 4939) e a
Perugia satena, CIE 4338). Altra importante attestazione di questo gentilizio in
ambiente umbro, cristallizzatosi in una denominazione decuviale, è satanes che
compare nel testo rituale delle tavole di Gubbio.
Se i caratteri intrinsechi delliscrizione riportano ad un ambiente settentrionale,
la sua paleografia e i connotati tipologico-decorativi della tomba in cui essa si trova,
denotano una stretta dipendenza tarquiniese.
Il significato di questa ambivalenza
presente nella tomba della Piantata, è quello di collegamento tra Tarquinia e le zone
settentrionali interne dellEtruria, attraverso un percorso che aggirava da O il lago
di Bolsena, toccando, probabilmente, Piansano e Grotte di Castro.
La tomba è databile, per quanto si deduce da una serie di elementi derivati dalla
tipologia architettonica e decorativa che trovano paralleli in varie tombe dipinte di
Tarquinia, allultimo quarto del IV secolo a.C.. Il dromos stretto e lungo che
immette in un vano quasi quadrato, pur non essendo esclusivo del periodo suddetto,
costituisce elemento di notevole coerenza cronologica. Il soffitto a due spioventi con
travatura dipinta e in rilievo, di origine arcaica, è ancora in uso, con pendenze
attenuate, come nel nostro caso, in epoca protoellenistica; e prelude, almeno in ambito
tarquiniese, alla successiva e generalizzata forma piana o curva delle coperture.
Anche il frammento di ceramica a vernice nera ha forte valore orientativo. Inoltre,
importanti coordinate cronologiche utili ad inquadrare la tomba della Piantata, sono da
una parte la tarquiniese Tomba degli Scudi (340 a.C.), già citata anche per i confronti
paleografici, dallaltra la tomba Giglioli, ugualmente tarquiniese, (300 a.C.) che
esibisce un ricco fregio darmi dipinto sulle pareti. Non direttamente confrontabili
perché più tarde ma comunque da citare per il motivo degli scudi dipinti, sono la tomba
dei Festoni di Tarquinia (metà III secolo a. C.) e la tomba Tassinaia di Chiusi (Il
secolo a. C.).
I due scudi dipinti sulla parete di fondo della tomba arlenese, trovano quindi riscontro
in una maniera decorativa della pittura etrusca di età ellenistica che, memore forse di
alcuni prototipi arcaici quali la tomba Campana di Veio ed altri noti esempi ceretani, si
ispira ai fregi darmi presenti in alcune tombe macedoni, attraverso la mediazione
culturale apula. Questa connessione artistica e le sue implicazioni ideologiche in
ambiente etrusco, sono state ampiamente illustrate nello studio di M. Cristofani sul
fregio darmi della tomba Giglioli di Tarquinia, a cui si rimanda anche per
lapparato critico. |