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AMMINISTRAZIONE
PROVINCIALE DI VITERBO |
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EMERGENZE
ARCHEOLOGICHE E STORICO ARTISTICHE |
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Comune: |
Arlena di Castro |
Località: |
centro urbano |
Soggetto: |
chiesa di S. Rocco |
Coordinate: |
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chiesa. Il paramento murario, posto in vista in seguito al già citato restauro, in
ottemperanza alla moda corrente, è composto da blocchi di tufo informi, legati da
abbondantissima malta, solo gli spigoli sono formati da grossi conci squadrati. Euna
tipologia muraria nata per essere rivestita di intonaco sia allesterno che
allinterno. A questo proposito è emblematico il testo di un contratto per
lampliamento di una casa, stipulato nella vicina Tuscania nel 1460, periodo in cui
si può approssimativamente collocare la fondazione della chiesa di S. Rocco: «... Sei
muratori costruiscono in pietrisco, promettano di intonacare lintero edificio dentro
e fuori, se invece lavorano con pietre squadrate procederanno come è duso»
Linterno è organizzato su una sola
navata con capriate a vista, scandita da due lesene semicircolari per lato. Sulla parete
di fondo si apre unabside quadrangolare.
Vi si conservano ancora alcuni modesti affreschi di fattura artigianale.
Il più antico, peraltro sovrapposto ad una pittura precedente, raffigura il Crocifisso,
stagliato su un fondale composto da bande verticali gialle e rosse da leggersi,
probabilmente, come colori araldici e ripresi anche nellaureola. La figura del
Cristo è molto chiaroscurata ma evidenzia una palese imperizia nelluso della luce e
nella formulazione della struttura anatomica, particolarmente accentuata nella
atrofizzazione della parte destra del tronco. Comunque la lettura stilistico-formale del
dipinto rimane molto incerta e difficile anche per alterazioni e ritocchi dovuti a vari
interventi di restauro, tra cui uno molto recente.
In una fotografia degli anni sessanta, precedente quindi allultimo restauro, si nota
il fondo completamente scialbato e decorato da una raggiatura dorata che si dipartiva dai
quattro angoli formati dai bracci della croce; ed interessa notare, poi, proprio la
migliore resa dello scorcio della parte destra del busto del Cristo e una più equilibrata
dosatura delle ombreggiature. Infatti, la pesante ombra che segna il ventre subito sopra
il perizoma e il fianco destro crea un effetto di appiattimento del prospetto del tronco,
non rilevabile nella fotografia più antica. La cosa solleva più di qualche dubbio circa
la rispondenza del restauro alloriginario aspetto del dipinto. Questultimo è
attribuibile ad un pittore locale formatosi sulle suggestioni provenienti
dallambiente artistico romano ed è ipoteticamente databile intorno alla metà del
secolo XVI.
Sulla parete sinistra rimane, in un riquadro incassato nel muro, laffresco. che
decorava laltare di 5. Belardinol5. Esso raffigura la Madonna in gloria tra i santi
Giovanni Evangelista e Bernardino da Siena (Belardino). Le figure sono impaginate secondo
il tradizionale schema piramidale il cui vertice è rappresentato dalla Vergine, assisa su
un cuscino di nuvole e circondata ad un empireo di luce popolato di cherubini. I due santi
poggiano invece, su un solido pavimento visto in prospettiva, in palese dicotomia con lo
spazio trascendente occupato dalla Vergine. Sulla cornice a finto marmo che delimita il
dipinto compaiono sui lati delle ellissi con il giglio farnesiano e, sul lato destro, una
iscrizione dedicatoria con la data di esecuzione:
"Belardus Pepus hoc opusfierifecit suo bere proprio. A. A. 1619". E
evidente la finalità votiva dellaffresco nel quale il committente fa inserire quale
intercessore il santo omonimo Bernardino.
Pur nella modestia del fatto artistico, è da notare come i volti dei due santi siano
indagati quasi con volontà ritrattistica e resi con una diligenza coloristica assente nel
resto del dipinto. Peraltro anche in questo dipinto la resa approssimativa ed
impiastricciata dello sfondo porta a sollevare qualche riserva sul restauro eseguito. Sul
lato destro, compare un altro dipinto coevo o poco più tardo, raffigurante
lImmacolata circondata di angeli nellatto di schiacciare il demonio, S.
Bartolomeo e un santo vescovo. Anche qui la composizione è improntata alla più estrema
semplicità: le figure principali sono disposte a piramide, i quattro angeli che
fiancheggiano la Vergine formano un chiasmo. Lanonimo artefice denota una notevole
modestia tecnica, particolarmente evidente nella grossonalità della resa dei tratti
somatici e nella difficoltà di rendere gli scorci e le proporzioni, palese nel
"raccourci" che rende tozza e improbabile la figura di s. Bartolomeo. Tradisce
anche una inclinazione ingenua alluso dellepisodio grottesco, proprio del
narrare popolaresco (si veda il diavolo, il cui aspetto più che terribile è patetico,
vinto e calpestato).
Decisamente di più alta qualità è, invece, la piccola statua lignea raffigurante s.
Rocco, alloggiata nella nicchia centrale dellabside. Il santo è colto in una
intensa espressione di mistica sofferenza in cui è patente la volontà di ricerca
introspettiva.
La statica equilibrata della figura che declina verso suggestioni classiciste, porta ad
inserire lopera nell ambito della plastica settecentesca, pur con citazioni
attardate tipicamente seicentesche, quali il mantello dal panneggio abbondante, spezzato e
risentito, fortemente mosso. Anche questa statua è stata oggetto di restauro
nellambito della campagna di intervento successiva al terremoto del 6 febbraio 1971.
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