Comunicazioni terrestri

Tracciare una strada è un’impresa che, a differenze del porre segnali su un sentiero, richiede un livello di competenze tecniche piuttosto elevato. Gli Etruschi erano giunti a un livello di conoscenza più avanzato di quello dei loro predecessori in tutti i settori, ma come costruttori di strade, da quanto risulta nell’Etruria, rimasero a un livello nettamente inferiore a quello dei Romani. Questi, dal canto loro, non solo furono superiori ai contemporanei e ai predecessori, ma anche a tutti coloro che li seguirono, fino al XIX secolo. In effetti i Romani, giustamente considerati grandi costruttori di strade, furono i primi in Europa in grado di realizzare, quando questo li interessava, vie il più possibile brevi, con tracciati quasi rettilinei.

Quando si deve costruire una strada si debbono sempre affrontare problemi particolari, ma alcune considerazioni hanno valore generale. In linea di massima, i percorsi di fondovalle sono esposti alle esondazioni dei corsi d’acqua, mentre di norma i percorsi a mezza costa sui versanti sono stati evitati per il pericolo di scivolamenti o frane. I tracciati più sicuri, pertanto, sono sempre stati quelli elevati, lungo gli spartiacque, definiti con termine più tecnico come percorsi di crinale, e in termini più semplicistici come percorsi asciutti.

Nella Tuscia gli Etruschi, pur se tecnicamente più avanzati rispetto alle popolazioni precedenti, seguirono i modi più facili, sistemando quindi i loro percorsi nel fondo delle valli (su uno dei lati del corso d’acqua) o sui crinali, lungo gli spartiacque principali; le vie di raccordo tra strade di spartiacque e strade di fondovalle seguivano di norma i contrafforti che separavano i bacini idrici secondari degli affluenti. Una rete anche abbastanza fitta, ma di comunicazioni brevi, cosa in pratica prevedibile, quando si conoscano le condizioni dell'organizzazione del territorio. Mancava una istanza superiore di governo, e le numerose città-stato riuscivano a controllare solo limitate porzioni dello spazio circostante. Le città principali, quelle della dodecapoli (vicende contingenti potevano portare ad avvicendamenti, ma il numero era comunque sempre prossimo a dodici) sviluppavano solo le comunicazioni tra di loro, e ancor più questo valeva per le città minori: tutte le loro progettazioni erano per forza di cose limitate a una scala locale.

I Romani stessi non poterono proporsi obiettivi a grande distanza finché il loro territorio rimase limitato a una zona di non grande ampiezza intorno alla città; un atteggiamento, però, destinato a cambiare sostanzialmente dopo le prime conquiste. Una delle dimostrazioni più evidenti di questa capacità di progettazione a scala territoriale molto più ampia è data proprio dalle strade costruite nella Tuscia, cioè nella prima regione immediatamente adiacente, subito dopo averla conquistata.

Una visione strategica estesa a spazi più che regionali li portò a considerare l'opportunità di strade di tipo diverso, strade definibili militari, destinate a lunghe percorrenze da compiersi nel più breve tempo possibile; questo non escludeva la cura da destinare alle strade locali, concepite per percorsi di lunghezza limitata tra i diversi centri presenti sul territorio prima della conquista. A queste venne sempre attribuita un’importanza minore, e di fatto, nella quasi totalità dei casi si trattava di risistemare e pavimentare vie di comunicazione già esistenti. Nel caso della Tuscia gli assi principali dimostrano evidentemente il loro interesse per mete lontane, a partire dal loro orientamento: sono tutte vie realizzate per traversare la regione verso varie direzioni del nord, con un percorso il più breve possibile. Una rete di comunicazioni della quale venne realizzato solo l’ordito, ma nella quale manca la trama; come unico rappresentante di questa dovuto ai romani si può considerare la Clodia o Claudia, che peraltro è un classico esempio di sistemazione e unificazione di brevi tratti viari preesistenti.

Delle grandi consolari, l’Aurelia seguiva il percorso costiero sul Tirreno, al quale arrivava dopo oltre 30 chilometri dal Ponte Sublicio. La Flaminia partiva da Ponte Milvio e puntava a nord tenendosi sulle modeste colline a breve distanza dal Tevere; superato il Tevere a Ocricoli (Otricoli) la strada proseguiva nell’Appennino Umbro-Marchigiano, e dal Passo del Furlo scendeva verso Rimini. In posizione intermedia tra le due venne tracciata la Cassia, che tra il Tirreno e il Tevere si manteneva in vicinanza dello spartiacque; pur se questa non era l'intenzione di chi ne aveva progettato il percorso, divideva la Tuscia in parti abbastanza simili. Secondo la sintetica espressione di Cicerone, in una delle Philippicae: Etruriam discriminat Cassia, la Cassia spartisce l'Etruria. Sua meta finale fu inizialmente Chiusi, poi venne prolungata per Florentia, da dove si aprivano varie possibilità per superare l’Appenino Tosco-Emiliano.

Dopo la decadenza dell’Impero e le successive invasioni barbariche, quando Roma divenne meta di pellegrinaggi, la Cassia divenne il percorso preferito dei pellegrini diretti al Vaticano. Con l’VIII secolo, dopo la donazione di Sutri da parte del longobardo Liutprando e la discesa di Carlo Magno, che stabilì la supremazia dei Franchi, la maggior parte dei pellegrini in arrivo dalla Cassia giungeva dalla terra di questi, il che portò a definire comunemente la via come strada Francigena.

Già in epoca romana esistevano alcune varianti della Cassia, la più notevole delle quali era la Ciminia, in seguito chiamata Cimina, sul versante orientale dell’apparato di Vico, che da Ronciglione si dirigeva a Sutri, ricongiungendosi alla Cassia.. La strada saliva fino a più di 800 metri di altezza, traversando una grande estensione di foreste (Selva Cimina), descritte dagli scrittori come oscure e pericolose. Il percorso venne invece preferito alla Cassia vera e propria a partire del IX-X secolo, parallelamente al crescere dell’importanza di Viterbo. Aumentarono i traffici tra questa città e i centri che nello stesso periodo si sviluppavano nei siti naturalmente difesi (per es., Caprarola o Ronciglione). Tutti questi si curarono di migliorare le strade che li univano alla Cimina, ed è interessante notare come tutte queste percorrano i crinali dei rilievi, costituendo quindi altrettanti percorsi di crinale o asciutti. Anche questo tipo di viabilità costituiva un ritorno alle condizioni preromane.